Leva e riserva operativa: l’Italia e l’Europa corrono ai ripari

Con l’equilibrio della sicurezza europea messo alla prova dalla guerra in Ucraina, dalla perdita di influenza globale degli Stati Uniti e dall’ascesa geopolitica del blocco BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), sempre più Paesi stanno valutando il ritorno alla coscrizione obbligatoria, in alcuni casi anche estendendola alle donne.
Il Presidente della Lettonia Edgars Rinkevics, in un’intervista al Financial Times, ha ribadito la necessità di discutere seriamente il ritorno al servizio militare obbligatorio e il ripristino di livelli di spesa analoghi a quelli dell’epoca della Guerra Fredda. Una linea che riflette il timore di un’Europa impreparata in un nuovo disordine mondiale in via di consolidamento.
A confermare l’allarme, il dato record della spesa militare globale: nel 2022 ha raggiunto i 2.240 miliardi di dollari, il livello più alto dal 1949, con un aumento del 3,7% rispetto all’anno precedente.
Dopo il disarmo del dopoguerra, un nuovo bisogno di massa critica
Dalla fine della Guerra Fredda, molti Stati europei hanno ridotto drasticamente le proprie forze armate. Paesi come Francia, Germania e Italia hanno sospeso la leva obbligatoria, riducendo l’organico anche del 38%. Solo alcune nazioni – tra cui Finlandia, Grecia, Norvegia e Svizzera – hanno mantenuto il servizio militare attivo.
Oggi, però, lo scenario è radicalmente cambiato. “Il punto non è necessariamente combattere i russi, ma dimostrare una presenza sufficiente a dissuadere qualsiasi aggressione”, ha dichiarato Alexandr Burilkov, ricercatore alla Leuphana University di Lüneburg. Secondo Burilkov, il rafforzamento collettivo delle capacità militari europee non è un lusso, ma una necessità “accessibile se fatto insieme, specie se si considerano le conseguenze di una mancata preparazione”.

Le pressioni dal fronte interno: “Servono più uomini”
Il grido d’allarme non arriva solo dagli analisti. Sono le stesse Forze Armate italiane, oggi sotto pressione crescente, a chiedere con urgenza un potenziamento dell’organico.
L’ultimo in ordine di tempo è stato l’ammiraglio Enrico Credentino, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, che in un’intervista a la Repubblica ha dichiarato:
“Le risorse della Marina sono sufficienti… ma per un periodo limitato. Questo sforzo può durare tre-quattro anni, non oltre.”
Ha poi chiesto un aumento del personale da 30.000 a 39.000 unità, sostenendo di avere il supporto del Ministro della Difesa Guido Crosetto.
Anche il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Carmine Masiello, ha sottolineato in audizione parlamentare la necessità di portare l’organico a tra 133.000 e 138.000 unità, ben oltre l’attuale obiettivo di 93.100 entro il 2033, evidenziando come i numeri previsti dalla normativa vigente siano inadeguati per affrontare conflitti ad alta intensità e alimentare le missioni NATO.
Il ministro Crosetto, inoltre, ha rilanciato l’idea di una Riserva Operativa capace di far fronte a conflitti prolungati:
“Occorre saper difendere lo Stato in ogni momento, da ogni minaccia e per tutto il tempo necessario.”
Anche l’ex Capo di Stato Maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, oggi presidente del Comitato militare della NATO, ha affermato con forza:
“Siamo assolutamente sottodimensionati. Anche con 170.000 uomini saremmo al limite della sopravvivenza.”

La conscrizione torna sul tavolo in Europa
Nonostante le rassicurazioni di Vladimir Putin – che a marzo ha definito “una totale assurdità” l’idea di un’invasione dell’Europa – diversi Paesi europei stanno correndo ai ripari.
- In Germania, il ministro della Difesa Boris Pistorius ha chiesto entro aprile 2024 un piano per il ritorno alla Wehrpflicht, la leva obbligatoria, abolita nel 2011.
- In Danimarca, dove la coscrizione è già in vigore, dal 2026 sarà estesa anche alle donne e durerà 11 mesi per entrambi i sessi.
- In Repubblica Ceca, si discute la reintroduzione del servizio militare o di forme alternative di reclutamento.
- La Francia punta invece sui riservisti: l’obiettivo è raggiungere 100.000 riservisti entro il 2024.
Completano il quadro i Paesi dove la coscrizione è già attiva: Svizzera, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Lituania, Lettonia, Austria, Cipro e Grecia.

L’ostacolo culturale: pochi disposti a combattere
Uno dei nodi più critici è il consenso pubblico. Secondo un sondaggio Gallup, solo il 32% dei cittadini UE sarebbe disposto a combattere in caso di guerra. In Italia, la percentuale scende al 14%, mentre è del 23% in Germania e del 29% in Spagna.
Come sottolinea la ricercatrice Linda Slapakova di RAND Europe, il ritorno alla leva non può prescindere da un investimento massiccio in infrastrutture, sistemi di selezione e addestramento, e da una riflessione sul ruolo delle forze armate nella società moderna.

In conclusione
Con una Russia sempre più aggressiva, una NATO che chiede di più all’Europa e un’America forse meno coinvolta, il futuro della difesa europea potrebbe passare anche dal ritorno alla coscrizione obbligatoria, insieme a un rafforzamento complessivo del modello militare.
Non si tratta solo di numeri: serve resilienza, capacità di rigenerazione e adattamento, e una cultura della difesa che coinvolga cittadini, istituzioni e imprese.
Pubblicato da Condoralex
Al secolo Alessandro Generotti, C.le magg. Paracadutista in congedo. Brevetto Paracadutista Militare nº 192806. 186º RGT Par. Folgore/5º BTG. Par. El Alamein/XIII Cp. Par. Condor.
Fondatore e amministratore del sito web BRIGATAFOLGORE.NET. Blogger e informatico di professione.