Livorno, 9 novembre 1971. Siamo in piena guerra fredda e il ruolo che gioca l'Italia sullo scenario politico internazionale è strategicamente importantissimo per la NATO, ragion per cui la punta di diamante del suo Esercito, la Brigata Paracadutisti Folgore, sarà per in sovietici, in caso di conflitto bellico, la prima grande punta di diamante contro cui scontrarsi.
Le esercitazioni cui è sottoposta la Folgore sono intense. Siamo diretti in Sardegna, dall'aeroporto San Giusto di Pisa, per l'esercitazione NATO denominata Cold Stream (corrente fredda).
396 Paracadustisti al lancio suddivisi in 10 aerei distanti 15 secondi l'uno dall'altro. Un'esercitazione imponente, mai realizzato nulla del genere fino a quel momento nella storia delle aviotruppe Italiane e no solo.
L'esperienza maturata durante la seconda guerra mondiale aveva dimostrato che gli aviolanci di massa presentavano criticità dal punto di vista del lancio dagli aerei e del successivo riordino a terra dei soldati paracadutisti.
Cold Stream serve per perfezionare le tecniche di lancio ed atterraggio dei Paracadutisti, grazie al cosiddetto "volo tattico" e all'aviolancio in modalità CARP (Calculated Air Release Point – calcolo del punto di rilascio), permettendo di scegliere zone d'atterraggio meno ampie, di imbarcare i paracadutisti negli aerei per reparto d'appartenenza e di ridurre i tempi di riordino a terra.
Questa modalità prevedeva che gli aerei prendessero il volo uno dopo l'altro distanziati da un intervallo di tempo tale che quando il primo velivolo arrivava sulla zona di lancio e lanciava l'ultimo paracadutista, il Direttore di lancio dell'aereo che seguiva, ordinava il lancio al primo paracadutista che aveva a bordo, e così via fino all'ultimo aereo della formazione.
La quota di volo doveva essere molto bassa, per sfuggire al rilevamento dei radar. Solo in prossimità della zona lancio gli aerei dovevano cabrare per raggiungere la quota di lancio, una volta terminato il quale dovevano subito picchiare per ritornare a bassa quota, e seguire la rotta di rientro alla base.
l cielo è attraversato dal rombo di una formazione di aerei da trasporto: 9 C-130 dell'Aeronautica e 1 Hawker Siddeley Andover, tutti dell'aeronautica militare britannica.
A bordo i Paracadutisti appena ventenni della Folgore.
E' notte. L'alba è vicina ma non ha ancora la forza per illuminare la costa. Operazione Cold Stream, corrente fredda appunto.
Sarà proprio la corrente fredda della Meloria a spazzar via la vita di cinquantadue di loro. Un bagliore, un fragore e la torre della meloria diventa testimone della tragedia.
Lo specchio di mare distante solo poche miglia dalla costa livornese si rese protagonista di una delle peggiori tragedie che gettò la Brigata Paracadutisti Folgore nel completo lutto.
I dieci aerei militari, partiti dalla base militare di Pisa S. Giusto e diretti in Sardegna per raggiungere la zona di lancio di Villa Cidro, erano contraddistinti ognuno da un numero di gesso posto sulla fiancata del velivolo. Uno di questi, non arrivò mai all'appuntamento.
Era il Gesso 4.
Le secche della Meloria lo inghiottirono e con sé la vita di sei aviatori britannici e 46 paracadutisti in effettivi alla 6^ compagnia Grifi del 2° Battaglione "Tarquinia".
L'incidente
Il primo a decollare, alle 4:55, fu l'Andover ("Gesso 1") provvisto delle attrezzature necessarie a calcolare in volo il CARP.
Alle 7:00, sopra la zona lancio di Villacidro, in Sardegna, circa 50 km a nord-ovest di Cagliari, i dieci paracadutisti del Battaglione Sabotatori si lanciarono dall'aereo e, una volta a terra, si prepararono a segnalare e difendere la zona lancio in attesa dell'arrivo dei nove C-130 con a bordo 220 paracadutisti del 1º Reggimento Paracadutisti, 100 carabinieri paracadutisti, 44 artiglieri paracadutisti, 12 paracadutisti del quartier generale della Brigata Folgore e 20 della compagnia manutenzione, per un totale di 396 soldati suddivisi in 46 per ogni aereo, insieme a due direttori di lancio.
"Gesso 2", il primo dei nove C-130, si alzò dalla pista di Pisa alle 5:41 con a bordo il leggendario Generale Ferruccio Brandi, da giovanissimo Tenente medaglia d'oro reduce di El Alamein e dal 1969 Comandante della Folgore, e altri 43 paracadutisti del 1º Reggimento.
Brandi compiva 51 anni proprio quel giorno. A distanza di quindici secondi l'uno dall'altro, decollarono in totale solo sette C-130, perché "Gesso 9" e "Gesso 10" avevano subito dei ritardi.
Gesso 4 non risponde
A pochi minuti dal decollo, i piloti di "Gesso 5", che seguiva di quindici secondi "Gesso 4" su cui erano imbarcati 44 paracadutisti della 6ª Compagnia e due direttori di lancio della Compagnia comando del II Battaglione paracadutisti "Tarquinia", videro davanti a loro una improvvisa fiammata sul mare.
Il primo pilota informò allora il comandante della formazione, Tenente Colonnello Scott, che a sua volta cercò subito di stabilire un contatto radio con tutti i sette apparecchi in volo. Tutti rispondono, meno uno. E' il Gesso 4.
Scott informò allora la base e si diresse col proprio aereo "Gesso 8" sul presunto luogo dello schianto, mentre il resto della formazione procedette verso la Sardegna.
All'aeroporto di Pisa, il capo ufficio operazioni della Folgore, Maggiore Antonio Milani, non appena saputo da "Gesso 8" che "Gesso 4" era in mare, si diresse a bordo di un elicottero AB-205 del 26º Gruppo squadroni ALE verso il luogo che "Gesso 5" aveva indicato come probabile punto dell'incidente: le secche della Meloria.
Sul posto furono avvistati galleggiare in una grossa macchia d'olio gli zainetti dei paracadutisti, il carrello del velivolo e battelli di salvataggio vuoti.
Il Generale Brandi venne avvisato dell'incidente non appena sceso a terra col paracadute e subito intraprese il viaggio verso Livorno mentre il resto dei paracadutisti proseguì l'esercitazione.
Le famiglie dei caduti saranno avvisate ufficialmente dal Maggiore Dario Orrù, direttore della sala operativa del comando della Folgore.
La causa dell'incidente
Dopo la tragedia venne costituita una commissione d'inchiesta incaricata di indagare sulle cause dell'incidente, ma i lavori poterono cominciare solo dopo il ritrovamento del relitto.
Da "Gesso 4" non giunse mai nessuna comunicazione di allarme o di emergenza, e sebbene vennero recuperate dal fondale grandi parti dell'aereo grazie a un pontone con gru dell'Arsenale M.M. di La Spezia, la commissione non fu in grado di determinare con certezza la causa dell'incidente.
Dal ritrovamento e dal posizionamento dei tronconi del velivolo, gli inquirenti ipotizzarono che i piloti, resosi conto di volare ad una quota troppo bassa, abbiano tentato di richiamare il velivolo, determinando così l'impatto della coda con l'acqua e la successiva rottura dell'aereo.
I Caduti:
- S.Ten. Paracadutista P.M. Magnaghi,
- S.Ten. Paracadutista E. Borghesan,
- Mar. Ca. Paracadutista G. Augello
- Serg. Magg. Paracadutista C. Celozzi
- C.le Magg. Paracadutista C. Colombini
- C.le Paracadutista M. Benericetti
- C.le Paracadutista S. Bolzoni
- C.le Paracadutista A. Fiumara
- C.le Paracadutista G. Ianni
- C.le Paracadutista P. Interrante
- C.le Paracadutista S. Licori
- C.le Paracadutista F. Vantaggiato
- Paracadutista L. Angelini
- Paracadutista E. Carta
- Paracadutista A. Ciappellano
- Paracadutista M. Carasi
- Paracadutista A. Deiana
- Paracadutista V. De Marco
- Paracadutista L. Dal Lago
- Paracadutista U. De Mitri
- Paracadutista P. Dessi
- Paracadutista P. Donnarumma
- Paracadutista D. Dal Zotto
- Paracadutista A. De Vito
- Paracadutista A. D'Alessandro
- Paracadutista G. D'Alessandro
- Paracadutista G. Di Natale
- Paracadutista F. Dall'Asta
- Paracadutista M. Ferrari
- Paracadutista G. Facchetti
- Paracadutista C. Frasson
- Paracadutista S. Fumosa
- Paracadutista W. Furgeri
- Paracadutista R. Fracassetti
- Paracadutista R. Giannattasio
- Paracadutista G. Giannini
- Paracadutista B. Guidorzi
- Paracadutista G. Guarnieri
- Paracadutista A. Ginex
- Paracadutista A. Gilioli
- Paracadutista R. Liuzzi
- Paracadutista D. Matelli
- Paracadutista R. Morganti
- Paracadutista E. Quarti
- Paracadutista S. Sabatini
- Paracadutista L. Torsello
Equipaggio inglese:
- FLT./LT. C.G. Harrison
- FG.OFF. R. Swann Proce
- FG.OFF M. Fawcett
- F./SGT. B.D. King
- SGT. R.R. Lee
- SGT.P. Fulford
Il recupero dei corpi
Il Dipartimento militare marittimo "Alto Tirreno" della Marina Militare iniziò le ricerche mettendo in campo imbarcazioni e mezzi aerei. Il mare mosso e le indicazioni poco precise su dove fosse esattamente il punto in cui il velivolo era precipitato, riportate dal personale di ricerca, ostacolarono le operazioni che portarono a un nulla di fatto.
Incrociando i punti di osservazione da terra di due testimoni oculari con uno dei fari della Meloria, i maggiori Orrù e Milani individuarono un più plausibile punto d'impatto. Il 14 novembre l'allora capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Giuseppe Roselli Lorenzini, convocò Orrù per informarlo che stava partecipando direttamente alle ricerche, volendo inoltre sapere in quale punto di una carta nautica messa a sua disposizione si sarebbe schiantato "Gesso 4".
Il punto indicato da Orrù fu molto vicino a quelli indicati dal pilota e dal navigatore di "Gesso 5", anch'essi presenti alla riunione. In questa nuova zona si recarono i dragamine Faggio e Ontano, e proprio l'Ontano, il 15 novembre, individuò a circa 50 metri di profondità il relitto di "Gesso 4".
Le operazioni di recupero iniziarono il 17 novembre coordinate dalla Marina Militare con la nave appoggio incursori Pietro Cavezzale e con l'aiuto di Carabinieri, Polizia di Stato e membri del Battaglione Sabotatori Paracadutisti. Diversi giorni dopo Nave Cavezzale fu affiancata dall'omologa britannica Layburn. I corpi recuperati dal fondale marino vennero issati su un rimorchiatore e portati a terra.
I ragazzi vennero tutti identificati grazie alle matricole dei paracadute e al numero di matricola delle armi in dotazione a ogni singolo parà. Il giorno successivo, 18 novembre, durante le fasi di recupero il Sergente Maggiore dei Sabotatori Giannino Caria si liberò dalla cima che lo teneva, per motivi di sicurezza, unito a un collega, forse per poter esplorare più liberamente i resti di "Gesso 4", ma non riuscì a riemergere. Un capitano dell'Aeronautica Militare avvertito dal compagno di immersione, si tuffò subito in mare e riportò alla superficie il corpo senza vita di Caria, decorato per il suo gesto con la Medaglia d'Oro al Valore Civile con la seguente motivazione:
Con alto senso di generosa solidarietà e con ardimentoso slancio, chiedeva di partecipare volontariamente alle difficili operazioni di recupero delle salme dei propri commilitoni rimaste prigioniere, sul fondo del mare, nel relitto di un aereo, inabissatosi in tragiche circostanze. Malgrado la violenta avversità degli elementi naturali, non desisteva dall'effettuare ripetute, rischiose immersioni, fin quando restava vittima del proprio indomito valore, facendo olocausto della giovane vita e legando, così, il suo destino a quello dei commilitoni caduti. Nobile esempio di completa dedizione al dovere e di sublime abnegazione.
Largo della Meloria, Livorno, 18 novembre 1971
Nave Cavezzale rimase a Livorno fino al 10 febbraio 1972. In tale data vennero sospese le ricerche. Fino a quel momento erano stati ritrovati trentacinque paracadutisti e tre aviatori. Nave Cavezzale tornò altre due volte sul luogo dell'incidente su segnalazioni di ritrovamenti da parte di subacquei che si immergevano nei pressi delle Secche della Meloria. Nel giugno seguente, nel corso di un'immersione nelle acque di Tirrenia, il Maggiore Francesco Miglioranza trovò la salma di un altro parà. La vicenda fu la causa che diede inizio a un nuovo ciclo di ricerche che portarono in superficie altri tre paracadutisti.
I dieci rimanenti corpi non vennero mai ritrovati.