Il 17 settembre del 2009 verrà ricordato come uno dei giorni più neri per la Brigata Paracadutisti Folgore.
Siamo a Kabul, capitale dell'Afghanistan, e sono le ore 12.10 locali, le 9.40 in Italia.
La pattuglia di due blindati Lince del 186° Reggimento Paracadutisti Folgore comandata dal Tenente Paracadutista Antonio Fortunato, è nei pressi della rotonda Massud, in direzione opposta all’aeroporto. Sta trasportando al quartier generale ISAF alcuni militari tornati da una breve licenza in Italia prelevati proprio all'aeroporto di Kabul.
Arrivati al rotonda Massoud il Lince del Tenente Fortunato blocca la strada alla sua destra per far passare il secondo mezzo.
Poche decina di metri e da una via laterale si infila tra i due mezzi una vecchia auto Toyota Corolla di colore bianco.
Esplode.
Il primo mezzo tiene l’urto. Dentro, il Lince è incandescente. Il rallista, il Primo Caporal Maggiore Gian Domenico Pistonami è accasciato all'interno. E' morto.
I feriti, il 1° Maresciallo dell'Aeronautica Felice Calandriello ed i Paracadutisti 1° Caporal maggiore Paracadutisti Rocco Leo, Sergio Agostinelli e Ferdinando Buono sono storditi dall'esplosione. Scendono dal mezzo e ricevono immeditamente colpi di arma da fuoco: risponderanno al fuoco mettendo in sicurezza l'area facendo scomparire le frequenze impostate sulle radio: decine di civili infatti si avvicineranno rapidamente ai mezzi e ai corpi dei militari morti nell'esplosione.
Un comportamente esemplare, figlio di un duro lavoro addestrativo e di un modus operandi che ha sempre distinto la Brigata Paracadutisti Folgore: freddezza e determinazione anche nelle situazioni più difficili.
Il paracadutista Rocco Leo dichiarò successivamente nel docufilm 'Reduci' di Sky di aver pensato che solo loro fossero incappati nell'esplosione e che il primo mezzo fosse riuscito ad entrare all'interno dell'ambasciata italiana.
Intorno all’area la devastazione è totale: auto, case e negozi distrutte. La scena è apocalittica.
Il pesantissimo blindato Lince del Tenente Fortunato viene scaraventato come un foglio di carta a cento metri di distanza dall'altro. L'auto, si saprà successivamente, era guidata da un kamikaze ed aveva a bordo, secondo l'indagine dei ROS, 150kg di esplosivo.
Muoiono sul colpo il Tenente Paracadutista Antonio Fortunato, il Sergente Maggiore Paracadutista Roberto Valente, i Primi Caporal Maggiore Paracadutisti Massimiliano Randino, Davide Ricchiuto e Matteo Mureddu.
Numerosi sono anche i morti e i feriti tra gli Afgani tra cui anche cinque poliziotti.
La notizia arriva subito in Italia e il dramma entrerà nelle famiglie dei caduti e di tutti gli Italiani.
La rivendicazione arriva immediatamente, dopo pochi minuti: un portavoce dei talebani, Zabiullah Mujahid rivendicherà l’attacco in un messaggio sms riferendo che un uomo di nome Hayutullah si è fatto esplodere contro il convoglio militare dell’ISAF, nel centro della capitale.
Si tratta della più grande perdita militare in campo internazionale dopo l’attacco di Nassirya del 12 novembre 2003.
Arriva il cordoglio delle massime cariche dello stato.
Il Ministro della Difesa La Russa, storicamente vicino ai Paracadutisti d'Italia definirà in parlamento "infami e vigliacchi" gli attentatori.
La Brigata Paracadutisti sospende tutte le esercitazioni in Italia, il comune di Siena (sede del 186° Reggimento) rimanda tutti gli appuntamenti in agenda.
Le salme dei caduti arriveranno in Italia il 20 settembre a bordo di un C-130, accolte all'aeroporto di Ciampino dai famigliari sofferenti, ma orgogliosi dei propri mariti, figli e fratelli.
Presente all'arrivo delle salme anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed altre alte cariche dello stato. Il giorno dopo, il 21 settembre, giornata di lutto nazionale, verranno celebrati i solenni funerali di Stato nella basilica di San Paolo fuori le mura, a Roma.
L'evento, presieduto dal monsignor Vincezo Pelvi, ordinario militare, sarà trasmesso in mondo visione da parte della RAI.
E' un giorno triste, dove un'intera nazione si stringe intorno a sei giovani vite umane private del loro futuro per aver adempito fino in fondo ai compiti che lo Stato gli aveva assegnato.
E' un giorno triste dove migliaia di Paracadutisti, con il glorioso basco amaranto, invaderanno Roma e la Basilica per rendere onore ai loro fratelli caduti in armi.
Intanto a Kabul la Folgore continuava a svolgere il proprio lavoro con un'efficienza operativa che lascerà di stucco tutti gli alleati della coalizione ISAF.
E' proprio questo modus operandi da parte degli uomini dal basco amaranto che ha datto fastidio ai rivoltosi.
Le considerazioni militari su questo attacco infatti sono note: gli Italiani, la Folgore in particolare, davano "fastidio" alla milizia talebana. La Folgore in questi mesi di missione non è rimasta nelle tende e non si è limitata a pattugliare i centri delle grandi città.
La Folgore si è spinta oltre. Per via della conformità dei propri reparti (sotto questo aspetto è stata definita dal Generale Bertolini, capo di Stato Maggiore ISAF, "unica nel suo genere") ha attuato una caccia ai Talebani senza precedenti.
Si è spinta in profondità, si è fatta sentire nei posti più lontati dando sicurezza a popoli travolti dalla mentalità terroristica.
E ha dato fastidio. Ha dato fastidio a tal punto di essere colpita con una violenza mai vista neanche in questi posti.
Ma non si è tirata indietro. Il Colonnello Paracadutista Aldo Zizzo, Comandante del 186° Reggimento, il dopo giorno l'attacco, durante l'alzabandiera dichiarerà ai suoi uomini che nonostante le perdite "...la missione va avanti. Non lasceremo l'Afghanistan neanche un minuto prima rispetto a quanto previsto all'inizio della missione"
Ed è andata avanti, perchè come sempre, come successo ad El Alamein sessanta anni prima, e come successo a Mogadisico il 2 luglio 1993, i Paracadutisti d'Italia hanno mostrato che possono sì piegarsi, ma spezzarsi mai.
Ribadendo quindi il concetto: molla il vile, non la Folgore.