Se c'è un nome che riecheggia nei cieli della storia militare italiana, quel nome è senza dubbio Ferruccio Brandi.
Mito, leggenda, eroe unico nel suo genere, la sua vita è stata un inno al coraggio, alla determinazione e al sacrificio.
Nato a Trieste il 9 novembre 1920, da Oscar e Virginia Malusà, Brandi incarnava già da giovane le qualità di un leader nato. La sua sete di conoscenza lo portò all'Università di Trieste, dove si iscrisse alla facoltà di economia e commercio.
Tuttavia, il richiamo dell'avventura e del dovere fu più forte: nel 1938, con una scelta che avrebbe definito il corso della sua vita, si arruolò come volontario nel Regio Esercito.
Promosso Aspirante nel 1939 e assegnato al 152º Reggimento fanteria "Sassari", la sua ascesa a sottotenente nello stesso anno segnò l'inizio di una carriera straordinaria
Brandi non sarà semplicemente un soldato, ma un simbolo dell'eroismo, destinato a lasciare un'impronta indelebile nella storia della Folgore e dell'Italia tutta.
Da giovane Tenente ad El Alamein
Trattenuto in servizio attivo, nel 1940 frequentò il corso di paracadutismo a Tarquinia, al termine del quale viene assegnato come comandante del III Plotone, 6ª Compagnia, II Battaglione, del 187° Reggimento Paracadutisti Folgore.
Al seguito della Divisione "Folgore" viene trasferito in Africa settentrionale italiana, dove combatte durante la battaglia di El Alamein distinguendosi nei combattimenti di Deir El Munassib e Quota 187 (22-24 ottobre 1942) rimanendo gravemente ferito il giorno 24, colpito al volto da un proiettile di mitragliatrice.
Catturato dagli inglesi nel corso dei combattimenti, al termine della degenza presso il 9º Ospedale generale del Il Cairo fu trasferito in un campo di prigionia, rientrando in Italia nel marzo 1945 per continuare le cure.
Tuttavia le sue gesta non passano inosservate, e saranno i suoi Paracadutisti a chiedere fortemente e ad ottenere, nel dopoguerra, la più alta onorificenza, la Medaglia d'oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
Comandante di plotone paracadutisti, attaccato da preponderanti forze corazzate, rincuorava ed incitava col suo eroico esempio i dipendenti a difendere a qualsiasi costo la posizione affidatagli. Sorpassato dai carri, raccolti i pochi superstiti, li guidava in furioso contrassalto, riuscendo a fare indietreggiare le fanterie avversarie seguite dai mezzi corazzati. Nuovamente attaccato da carri, con titanico valore, infliggeva ad essi gravi perdite ed, esaurite le munizioni anticarro, nello estremo tentativo di immobilizzarli, si lanciava contro uno di questi e con una bottiglia incendiaria lo metteva in fiamme. Nell’ardita impresa veniva colpito da raffica di mitragliatrice che gli distaccava la mandibola; dominando il dolore si ergeva fra i suoi uomini, e con la mandibola penzolante, orrendamente trasfigurato, con i gesti seguitava a dirigerli, e ad incitarli alla lotta, trafondendo in essi il suo sublime eroismo. Col suo stoicismo e col suo elevato spirito combattivo salvava la posizione aspramente contesa e, protraendo la resistenza per più ore, oltre le umane possibilità, s’imponeva all’ammirazione dello stesso avversario. I suoi paracadutisti, ammirati e orgogliosi, chiesero per lui la più alta ricompensa.
El Munassib (Africa Settentrionale), 24 ottobre 1942
Dopoguerra: Aquila 1 dal 1969 al 1973
Riprese a studiare ottenendo la laurea in economia e commercio nel 1947, rientrando in servizio attivo presso l'Esercito Italiano nel marzo 1950, assegnato al 182º Reggimento fanteria "Garibaldi" in qualità di capitano in servizio permanente effettivo.
Nel 1953 prese servizio presso il Comando Forze Interalleate Sud Europa, frequentando successivamente i corsi della Scuola di guerra e dell'Istituto Stati maggiori interforze.
Nel 1963, mentre ricopriva l'incarico di Capo di stato maggiore della Brigata di fanteria "Avellino", viene trasferito su sua a domanda, a Pisa per ricoprire l'incarico di Capo di stato maggiore della Brigata paracadutisti allora in fase di costituzione.
Tra il 1964 e il 1965 continuò a ricoprire tale incarico nonostante il trasferimento del Comando Brigata paracadutisti a Livorno. Tra il 1966 e il 1967 ricoprì l'incarico di comandante della Scuola Militare di Paracadutismo di Pisa, e tra il 1968 e il 1969 quello di comandante del 1º Reggimento paracadutisti a Livorno.
Tra il 1969 e il 1973 sarà Comandante della Brigata Paracadutisti Folgore.
Nel novembre del 1971 prende parte all'aviolancio durante la tragedia della Meloria.
Il Generale, Aquila 1 in quel momento, è sul C-130 denominato "Gesso 2". Si occuperà personalmente dell'organizzazione di recupero delle salme del "C-130 Gesso 4" e all'assistenza dei familiari delle vittime.
Dopo essersi congedato nel 1983 ricoprì ancora alti incarichi, come quello di Commissario per le Onoranze dei Caduti in guerra e Presidente Onorario dell'Associazione Paracadutisti in congedo, fino a raggiungere il grado di generale di corpo d'armata.
E' andato avanti il 30 agosto 2014, a Bolzano, lasciando la moglie, la signora Frieda Fischnaller.
Ferruccio Brandi rimane un faro di virtù militari che continua a illuminare il cammino delle future generazioni, ricordandoci che il vero valore risiede nell'incrollabile fedeltà ai propri ideali dI Patria.
Folgore Comandante Brandi!
1 commenti su “Generale “Aquila 1” Ferruccio Brandi: il mito oltre la leggenda”
Ho avuto l’onore di prestare sevizio presso il Quartier Generale della Brigata Paracadutisti Folgore come Sergente AUC nel 1969 durante il periodo di comandante di Brigata del Generale Ferruccio Brandi. Il mio comandate di plotone era il Ten. Marchesi ……….. omonimo dell’allora capo di Stato Maggiore dell’Esercito.
Ten. Parussini Antonio