L'Italia è stato il primo paese al mondo a sperimentare unità militari d’élite, pionieri di tattiche e mezzi d’assalto innovativi, sia via terra con gli Arditi, sia per mare con le audaci flottiglie MAS della Regia Marina. Sin dalle loro origini, queste unità hanno incarnato il coraggio e la capacità di anticipare nuove modalità operative, creando una tradizione che avrebbe ispirato le Forze Speciali moderne di tutto il mondo.
L’esercito romano impiegava unità speciali, come gli Exploratores e i Speculatores, per missioni di esplorazione e ricognizione. Erano soldati altamente addestrati per operazioni avanzate, simili a quelle delle moderne forze di ricognizione. Tuttavia, per trovare formazioni che utilizzassero un’impronta strategica orientata all’audacia e alla sorpresa, dobbiamo arrivare agli inizi del 20º secolo con gli Arditi.
Una storia tutta italiana che traccerà una via destinata a trasformare per sempre il modo di affrontare i conflitti, con un modus operandi mirato ad aprire consapevolmente scenari asimmetrici e tecniche di combattimento non convenzionali.

I primi Incursori della storia: gli Arditi
All'inizio del Novecento, il mondo militare sentiva la necessità di innovare le tattiche d’assalto per far fronte a una guerra moderna e sempre più complessa. Le prime forze speciali italiane, nacquero ufficialmente nel 1917, nel pieno della Prima Guerra Mondiale, come unità d'assalto del Regio Esercito.
Questi reparti, appositamente costituiti per azioni di rottura delle linee nemiche, rappresentavano una novità strategica: non erano semplici fanti, ma soldati scelti, caratterizzati da un addestramento specifico e da un equipaggiamento leggero che li rendeva estremamente mobili e adatti agli scontri corpo a corpo.
Erano i leggendari Arditi, specialità dell'arma di fanteria del Regio Esercito, costituita in autonomi reparti d'assalto. La loro natura "asimmetrica" consentiva di influenzare le battaglie attraverso interventi mirati e spesso invisibili, sfruttando discrezione e superiorità addestrativa al posto della forza convenzionale.
Gli Arditi venivano addestrati per penetrare le linee nemiche e compiere atti di sabotaggio con grande rapidità e coordinazione, sfruttando la sorpresa come elemento principale delle loro incursioni. Dotati di pugnali, petardi e pistole mitragliatrici leggere, questi soldati erano considerati l’élite dell’esercito e venivano impiegati in operazioni estremamente rischiose, spesso con elevatissime perdite. A differenza dei reparti di fanteria tradizionali, i loro compiti non si limitavano alla conquista di posizioni ma puntavano a infliggere danni significativi e destabilizzare le forze nemiche, contribuendo così all’avanzamento delle linee italiane.
Il loro primo centro di addestramento fu a Sdricca di Manzano, vicino a Udine, dove venivano preparati nelle tecniche di combattimento corpo a corpo e assalto rapido. Qui si teneva una formazione intensiva che mirava a prepararli non solo fisicamente ma anche psicologicamente, per affrontare missioni che richiedevano coraggio e determinazione assoluti.
In parallelo, anche la Regia Marina sviluppò unità di incursori, i cosiddetti gruppi di incursione marittima, composti da specialisti in attacchi subacquei e di sabotaggio. Questi uomini utilizzavano imbarcazioni leggere, come i MAS (Motoscafi Armati Siluranti) e i cosiddetti “maiali,” siluri modificati e pilotati da operatori addestrati, per attacchi in mare contro unità navali nemiche. Le loro azioni erano caratterizzate da un’audacia fuori dal comune, poiché richiedevano di avvicinarsi pericolosamente ai bersagli e compiere missioni in totale isolamento.
Tra gli incursori marittimi si annoverano episodi celebri che vedono protagonisti uomini coraggiosi e mezzi innovativi, segnando il debutto delle prime missioni di assalto subacqueo nella storia italiana. Grazie a queste azioni, gli incursori della Regia Marina posero le basi per le future unità di forze speciali navali italiane.
Esperimenti prima del 1917
Ancor prima della nascita ufficiale degli Arditi, esistevano tentativi di sviluppare unità speciali all’interno del Regio Esercito. Nel 1914, ad esempio, vennero formati i Gruppi di Esploratori, soldati addestrati per agire dietro le linee nemiche e sabotare le difese, vestiti interamente di nero per favorire la mimetizzazione. Questi precursori venivano impiegati per missioni esplorative, come il taglio dei reticolati nemici.
Un’altra anticipazione degli Arditi furono le cosiddette Compagnie della Morte, formate da pattuglie speciali di fanteria e del genio. Questi soldati erano equipaggiati con corazze e caschi, spesso del tipo "Farina", e addestrati per missioni di taglio dei reticolati e brillamento.
Nel 1916, il Comando Supremo stabilì che la qualifica di "militare ardito" fosse attribuita a chi si distingueva per coraggio e determinazione, ma con il divieto esplicito di creare unità specialintivo assegnato era il monogramma reale "VE", da portare sul braccio sinistro, concepito come segno d’onore e simbolo d’esempio per gli altri soldati. Tuttavia, questo segno fu la genesi del termine "Ardito" nell'immaginario collettivo.
La nascita degli Arditi, quindi, non fu un evento isolato ma il frutto di una progressiva evoluzione delle tattiche e delle esigenze operative.
Il primo impiego nella Battaglia di Gorizia
l primo impiego dei "plotoni speciali" risale all'agosto 1916, durante la battaglia di Gorizia, negli scontri tra la Brigata Lambro e l'esercito austro-ungarico presso quota 188 e il Dosso del Bosniaco. Tuttavia, a causa dell'imprecisione dei rapporti ufficiali e delle difficoltà del terreno – caratterizzato da reticolati e pesantemente battuto dall'artiglieria austriaca – risulta impossibile determinare con esattezza l'efficacia di questi reparti sull'esito della battaglia. Si suppone comunque che siano stati impiegati come unità di rottura presso le posizioni citate e come reparti esploranti una volta superata Gorizia.
Altre azioni significative di questi plotoni si verificarono l'11 febbraio 1917, quando due plotoni riconquistarono la trincea del saliente di Casa dei Pini, persa due giorni prima dal 206º Battaglione della Brigata Lambro, e il 26 febbraio, quando un plotone irruppe in una trincea vicino a Belpoggio, riuscendo a conquistarla.
Le innovazioni del Maggiore Giuseppe Bassi
Nel 1917, a seguito delle proposte e degli studi di alcuni generali consapevoli della necessità di superare la tradizionale strategia dell’assalto frontale supportato dall’artiglieria e di alcuni giovani ufficiali insoddisfatti dell’inutile stasi e massacro della guerra di trincea, venne sperimentata un’unità speciale presso la 48ª Divisione dell’VIII Corpo d’Armata. Questa unità era comandata dal Maggiore Giuseppe Bassi, supportato dal Sergente Giuseppe Longoni.
Bassi redasse una nota innovativa sull'impiego delle pistole mitragliatrici Fiat Mod. 15 / OVP (Officine Villar Perosa), proponendo miglioramenti tecnici come la rimozione dello scudo, l’introduzione di un bipode leggero e l’adozione di una guida per facilitare la sostituzione dei caricatori al buio e in condizioni di battaglia. La sua proposta includeva anche una nuova dottrina d’impiego, che ottimizzava le sezioni mitragliatrici e indicava gli equipaggiamenti specifici delle unità, tra cui l’uso di pugnali e petardi accanto a moschetti e pistole a rotazione, per accentuare l’aggressività delle truppe.
Inoltrata al Generale Gaetano Giardino nel novembre del 1916, la nota ottenne il suo plauso; Giardino tuttavia la trasmise al Generale Grazioli per un parere di grado superiore. Grazioli, comandante della Brigata Lambro, adattò probabilmente le nuove note alle sue precedenti riflessioni sui plotoni speciali, e il 7 marzo 1917 emise una direttiva ai comandanti di reggimento per la creazione di reparti d'attacco specializzati in incursioni a sorpresa, colpi di mano, contrattacchi improvvisi e altre operazioni al di fuori delle competenze della fanteria convenzionale.
Il 14 marzo 1917, il Comando Supremo italiano venne a conoscenza della creazione di unità speciali nell’esercito austro-ungarico, mentre già l’esercito tedesco aveva adottato il concetto di truppe d’élite, le Stoßtruppen, mediamente meglio addestrate rispetto ai normali reparti. Tuttavia, gli Arditi italiani non furono una semplice imitazione delle truppe d'assalto tedesche e austriache; a differenza delle controparti tedesche, gli Arditi costituirono vere e proprie unità autonome, senza limitarsi al ruolo di supporto alla fanteria. Gli esperimenti del Regio Esercito in questa direzione precedettero l'informazione sulle unità tedesche e servirono principalmente ad accelerare il progetto di istituzione delle unità speciali italiane.
Dopo aver assistito a un’esercitazione condotta da Bassi, il Generale Cadorna diede il via libera per la nascita degli Arditi, diramando una circolare per costituire reparti speciali secondo linee guida precise. Il 29 luglio 1917 Re Vittorio Emanuele III ufficializzò la creazione dei Reparti d'Assalto.
Grazie a questo approccio innovativo, gli Arditi furono impiegati con successo durante le battaglie sul fronte italiano, diventando noti per il loro coraggio e per la capacità di penetrare in profondità le linee nemiche.
Il battesimo del fuoco e il Monte San Gabriele
I nuovi Reparti ricevettero il Battesimo del Fuoco durante l’Undicesima Battaglia dell’Isonzo nell'agosto del 1917, quando vennero impiegati per sfondare le posizioni austro-ungariche sull'altopiano della Bainsizza. Questi uomini si distinsero per le azioni audaci e la capacità di infiltrarsi tra le linee nemiche, riuscendo a rompere le difese avversarie e conquistando posizioni strategiche come il Monte San Gabriele.
Il Monte San Gabriele, pesantemente fortificato, fu il teatro di una delle operazioni più celebri. All’alba del 4 settembre 1917, gli Arditi si lanciarono all’assalto della vetta, conquistandola dopo un’intensa battaglia contro un nemico inizialmente ignaro del loro arrivo. Con bombe a mano e lanciafiamme, sbaragliarono le difese nemiche e aprirono la strada alle forze italiane. Questo successo valse loro fama e riconoscimenti, consolidando il ruolo degli Arditi come forza d’élite dell’esercito.
La conquista del Col Moschin
Alla fine della primavera del 1918, l’estate imminente portava con sé un nuovo, disperato tentativo da parte delle forze austro-ungariche di spezzare le difese italiane sul massiccio del Grappa, cercando di penetrare nelle valli del Brenta e del Piave e aggirare così lo schieramento italiano che correva lungo il corso del Piave. Il piano austriaco prevedeva un’offensiva strategica per aggirare la Cima Grappa, situata al centro del massiccio, puntando a sfondare sui lati occidentale ed orientale del complesso montuoso, vicini ai fiumi Brenta e Piave. L’attacco fu affidato all’XI Armata, comandata dal Generale Scheuschenstuel, potenziata da rinforzi e supportata da un’intensa artiglieria.
Alle ore 3 del 15 giugno iniziò un violento bombardamento, subito controbattuto dall’artiglieria italiana che riuscì a indebolire le forze austriache sul lato orientale. Alle 8 del mattino, la fanteria austriaca lanciò l’assalto; i maggiori successi si registrarono sul versante occidentale, dove le cime che presidiavano il fianco del Brenta cedettero una dopo l’altra, inclusi i punti fortificati del Col Moschin e delle cime vicine: Col del Miglio, Col Fenilon e Col Fagheron. In poche ore, le difese italiane sul Grappa erano sull'orlo del collasso, lasciando agli austriaci un potenziale accesso alla pianura veneta.
Gli austriaci, ormai vicini alla vittoria, avrebbero avuto bisogno di rinnovare immediatamente l’offensiva per consolidare i guadagni. Tuttavia, le loro riserve erano ormai quasi esaurite, mentre la reazione italiana non si fece attendere. Un intenso fuoco d’artiglieria colpì le posizioni appena occupate dagli austro-ungarici, rendendo difficile l’arrivo di rinforzi. La controffensiva italiana fu rapida: nel primo pomeriggio, il IX Reparto d’Assalto (poco più di 600 uomini), già allertato in previsione dell’attacco, riconquistò il Col Fagheron e, alle 22, riprese anche il Col Fenilon, supportato da due battaglioni del 91º Reggimento di Fanteria.
Restava la posizione più importante: il Col Moschin.
All’alba del 16 giugno, il IX Reparto d’Assalto lanciò un attacco fulmineo e in soli dieci minuti strappò il controllo del Col Moschin agli austriaci, catturando 300 prigionieri, tra cui 17 ufficiali, e 25 mitragliatrici. In sole 24 ore, l’offensiva austriaca era stata neutralizzata. In onore di questa vittoria, la città di Roma innalzò un monumento sul Col Moschin, eretto con un’antica colonna romana.
Il successo del IX Reparto d’Assalto fu completo, con perdite relativamente ridotte grazie a una manovra condotta in condizioni ottimali: il nemico, esausto e fiaccato dal fuoco dell’artiglieria italiana, fu colpito con risolutezza da un reparto motivato e altamente addestrato.
Tuttavia, pochi giorni dopo, il 24 giugno, il IX Reparto fu nuovamente inviato per riconquistare un caposaldo austriaco sull’Asolone. In questo caso, il fuoco preparatorio dell’artiglieria fu meno efficace e la riconquista dell’Asolone costò al IX Reparto un tributo di sangue molto elevato. La conquista fu temporanea, poiché un immediato contrattacco nemico riuscì a sopraffare le forze italiane stremate. In questa azione, il IX Reparto perse quasi il 50% dei suoi uomini (19 ufficiali e 305 arditi), dimostrando che gli alti comandi italiani non avevano ancora compreso appieno come sfruttare efficacemente le straordinarie capacità combattive dei reparti d’assalto.
Successivamente, tra il 24 ottobre e il 4 novembre 1918, gli arditi furono tra gli artefici dello sfondamento della linea del Piave che permise la vittoria finale sugli eserciti austro-ungarici.
Organizzazione dei Reparti d'Assalto (Prima Guerra Mondiale)
735 militari suddivisi in tre compagnie (circa 200 militari ciascuna):
- I Plotone d'Attacco
- I Squadra d'Assalto (un pugnale e venti bombe a mano a testa)
- II Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa più una pistola mitragliatrice Villar Perosa Calibro 9 Glisenti detta "Pernacchia" con 10 000 cartucce)
- III Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa più una pistola mitragliatrice Villar Perosa Calibro 9 Glisenti detta "Pernacchia" con 10 000 cartucce)
- IV Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa)
- Coppia di Munizionamento (due militari con quattro bisacce da 150 bombe a mano l'una)
- II Plotone d'Attacco
- I Squadra d'Assalto (un pugnale e venti bombe a mano a testa)
- II Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa più una pistola mitragliatrice Villar Perosa Calibro 9 Glisenti detta "Pernacchia" con 10 000 cartucce)
- III Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa più una pistola mitragliatrice Villar Perosa Calibro 9 Glisenti detta "Pernacchia" con 10 000 cartucce)
- IV Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa)
- Coppia di Munizionamento (due militari con quattro bisacce da 150 bombe a mano l'una)
- III Plotone d'Attacco
- I Squadra d'Assalto (un pugnale e venti bombe a mano a testa)
- II Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa più una pistola mitragliatrice Villar Perosa Calibro 9 Glisenti detta "Pernacchia" con 10 000 cartucce)
- III Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa più una pistola mitragliatrice Villar Perosa Calibro 9 Glisenti detta "Pernacchia" con 10 000 cartucce)
- IV Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa)
- Coppia di Munizionamento (due militari con quattro bisacce da 150 bombe a mano l'una)
- IV Plotone d'Attacco
- I Squadra d'Assalto (un pugnale e venti bombe a mano a testa)
- II Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa più una pistola mitragliatrice Villar Perosa Calibro 9 Glisenti detta "Pernacchia" con 10 000 cartucce)
- III Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa più una pistola mitragliatrice Villar Perosa Calibro 9 Glisenti detta "Pernacchia" con 10 000 cartucce)
- IV Squadra d'Attacco (un pugnale e venti bombe a mano a testa)
- Coppia di Munizionamento (due militari con quattro bisacce da 150 bombe a mano l'una)
- V Plotone Specialisti
- I Squadra Mitraglieri (due mitragliatrici pesanti con 20 000 cartucce)
- II Squadra Guastatori
- III Squadra Segnalatori
- VI Plotone Lanciafiamme
- Compagnia Complementi (circa 135 militari armati con un pugnale, quattro bombe a mano e un moschetto con 71 cartucce a testa)
- Plotone Specialisti
- I Squadra Mitraglieri (due mitragliatrici pesanti con 20 000 cartucce)
- II Squadra Cannonieri (due cannoni da 65/17)
Ogni squadra di attacco o di assalto era suddivisa in 5-6 coppie, con un organico simile a quello degli attuali distaccamenti delle moderne forze speciali (circa 12 uomini).
Il primo Paracadutista militare della storia: il Tenente Alessandro Tandura
Un momento storico per le forze speciali italiane e, in generale, per la storia militare, fu rappresentato dal Tenente Alessandro Tandura, che fu il primo paracadutista al mondo ad eseguire un lancio in azione di guerra. La missione ebbe luogo nella notte tra l’8 e il 9 agosto 1918. Tandura si lanciò da un aereo Savoia-Pomilio SP.4 dal cielo italiano sopra le linee nemiche, un’impresa resa possibile grazie al supporto dei piloti William George Barker e William Wedgwood Benn della Royal Air Force. Questa azione non solo rappresentò un evento pionieristico nell’uso dei paracadutisti in operazioni militari ma gettò le basi per lo sviluppo delle unità aviotrasportate in Italia.
Per tale gesto, il Tenente Tandura fu decorato a Medaglia d'Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
Animato dal più ardente amor di patria, si offriva per compiere una missione estremamente rischiosa: da un aeroplano in volo, si faceva lanciare con un paracadute al di là delle linee nemiche nel Veneto invaso, dove, con alacre intelligenza e indomito sprezzo di ogni pericolo, raccoglieva nuclei di Ufficiali e soldati nostri dispersi, e, animandoli con il proprio coraggio e con la propria fede, costituiva con essi un servizio d'informazioni che riuscì di preziosissimo ausilio alle operazioni. Due volte arrestato e due volte sfuggito, dopo tre mesi di audacie leggendarie, integrava l'avveduta e feconda opera sua, ponendosi arditamente alla testa delle sue schiere di ribelli e con esse insorgendo nel movimento cui si delineava la ritirata nemica, ed agevolando così l'avanzata vittoriosa delle nostre truppe. Fulgido esempio di abnegazione, di cosciente coraggio e di generosa intera dedizione di tutto sé stesso alla Patria
Piave - Vittorio Veneto, agosto - ottobre 1918
A pochi giorni di distanza venne eseguito anche il secondo lancio, effettuato da Pier Arrigo Barnaba, Tenente delle Fiamme Verdi, gli Arditi degli Alpini. Fu il primo Alpino Paracadutista della storia.
In futuro, paracadutismo e forze speciali saranno termini in simbiosi, uniti dalla comune vocazione all'azione rapida e incisiva, con ogni operatore al centro di missioni critiche e ad alto rischio. In Italia, il 24 marzo 1938, venne istituita a Castel Benito la scuola di paracadutismo denominata "Campo scuola paracadutisti della Libia," per decreto del Governatore Italo Balbo e sotto il comando del maggiore Goffredo Tonini. Il 15 ottobre 1939, fu fondata la Regia Scuola Paracadutisti dell'Aeronautica a Tarquinia, che iniziò l'addestramento dei primi istruttori del Regio Esercito nel giugno 1940, con i primi corsi per reclute avviati il mese successivo.
A Tarquinia, nel luglio 1940, furono costituiti i primi reparti: il I e II Battaglione fanteria paracadutisti e il III Battaglione Carabinieri Paracadutisti (successivamente rinominati II, III e I). Il 30 aprile 1941, il II Battaglione paracadutisti eseguì il primo aviolancio di guerra sull’isola di Cefalonia. Nella primavera del 1941, venne formato il 1º Reggimento Paracadutisti, e nello stesso anno la Compagnia nuotatori paracadutisti della Regia Marina sperimentò per la prima volta il lancio in mare. Il 1º settembre 1941, venne istituita la 1ª Divisione Paracadutisti, alla quale fu conferito il nome "Folgore" nel giugno 1942, successivamente divenuta la 185ª Divisione Paracadutisti "Folgore."
Nell'epica battaglia di El-Alamein, i Paracadutisti della Folgore, anche a causa della loro inferiorità numerica, si trovarono ad agire in uno scenario asimmetrico, tipico delle forze speciali. Grazie al loro elevato addestramento, condussero attacchi fulminei con bombe improvvisate contro le forze britanniche, riuscendo così a resistere oltre ogni più ottimistica aspettativa.
Nel dopoguerra, le forze armate di molti paesi hanno istituito reparti paracadutisti, e il brevetto di paracadutista è oggi condizione preliminare per gli incursori delle forze speciali.
L'impresa di Fiume
Numerosi ex Arditi parteciparono attivamente all’impresa fiumana sotto la guida di Gabriele D’Annunzio.
In una relazione del 13 marzo 1921, presentata al congresso dell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia (ANAI) e pubblicata nell’opuscolo “Due Anni di passione Ardita”, Gino Coletti, segretario e promotore dell’ANAI, affermò: “Sarà bene mi soffermi per dire quanto è stato fatto dall’Associazione Arditi per l’impresa di Fiume. Essa ha dato i migliori legionari, molti dei quali sono caduti durante le cinque giornate. Per la sede di Milano sono passati e sono stati sussidiati oltre duemila legionari per i quali è stata spesa la somma di L. 60.000. A Fiume l’Associazione ha dato tutto: danaro, sangue, sacrifici immensi. Tutti noi ci siamo offerti, affrontando e patendo l’insidia, l’odio, la galera e la persecuzione. Abbiamo eletto D’Annunzio nostro Capo Supremo e abbiamo atteso sempre i suoi ordini, pronti a ogni momento a marciare con lui.”
Dopo l’occupazione di Fiume, venne instaurata la "Reggenza del Carnaro" e promulgata la Carta del Carnaro come costituzione del nuovo Stato, tra i cui ispiratori vi fu il sindacalista rivoluzionario Alceste de Ambris, anch’egli ex Ardito.
Il 25 dicembre 1920, noto come "Natale di Sangue", le truppe regolari dell’Esercito italiano, guidate dal Generale Caviglia, posero termine alla breve esperienza della Repubblica del Carnaro con brevi ma intensi scontri.
Durante il Fascismo
Nel periodo compreso tra le due guerre, molti ex Arditi si riunirono nell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia (ANAI), fondata dal capitano Mario Carli, figura di spicco nel "fascismo delle origini". Tra i sostenitori della causa fascista, diversi Arditi presero parte alla Marcia su Roma e furono protagonisti attivi del regime nascente, diventando anche importanti gerarchi, tra cui Giuseppe Bottai e Italo Balbo. Tuttavia, l’adesione al movimento non fu universale: molti esponenti degli Arditi rifiutarono di allinearsi al fascismo e ne furono emarginati.
Nel 1922, Mussolini sciolse l'ANAI, considerata non pienamente affidabile per il nuovo regime, e fondò la Federazione Nazionale Arditi d'Italia (FNAI), nella quale confluirono molti ex membri della precedente associazione. La FNAI divenne quindi il punto di riferimento per gli Arditi leali al fascismo, ricevendo anche importanti onorificenze, come la Torre dei Conti a Roma, concessa nel 1937 e trasformata nel 1938 in mausoleo per Alessandro Parisi, presidente della federazione e figura celebrata dagli Arditi fascisti.
Nella Seconda Guerra Mondiale
All’inizio della guerra, l’Italia rispolverò la tradizione degli Arditi, ripristinando la loro presenza in vari fronti e adattandoli alle nuove esigenze del conflitto.
Nel maggio 1942 vennero istituiti il Gruppo Formazioni "A", composto da personale italo-arabo, e il I Battaglione Speciale Arditi, istituito il 15 maggio con tre compagnie, ognuna specializzata in una modalità di infiltrazione in territorio nemico: la 101ª Compagnia Arditi Paracadutisti, la 102ª Compagnia Arditi Nuotatori (successivamente da sbarco), e la 103ª Compagnia Camionettisti (poi terrestre).
Con la circolare n. 40900 del 20 luglio 1942, lo SMRE istituì il Reggimento Arditi, con sede a Santa Severa, vicino Roma. Il 1º agosto vi fu integrato il I Battaglione Speciale Arditi come prima unità operativa. L'11 agosto iniziò l'addestramento del II Battaglione e, il 15 settembre, l'unità assunse la denominazione di X Reggimento Arditi, posta sotto il comando del Colonnello Renzo Gazzaniga, insignito dell'Ordine Militare di Savoia e decorato con una medaglia d'argento e due di bronzo al valor militare.
Alcuni reparti di Arditi, come quelli degli "sciatori arditi", furono impiegati nella campagna di Francia, tra cui il Battaglione Alpini "Duca degli Abruzzi" e il reparto "Monte Bianco", mentre in Africa le compagnie sahariane svolsero operazioni speciali nel deserto.
Il 10º Reggimento Arditi operò dietro le linee nemiche, soprattutto in Nord Africa e in Sicilia, fino al suo scioglimento dopo l'armistizio.
Il destino degli Arditi mutò quindi drasticamente l'8 settembre 1943. Il 1º Battaglione Speciale Arditi, dislocato in Sardegna, si schierò con il Regno del Sud, diventando nel marzo 1944 il IX Reparto d’Assalto dell’esercito cobelligerante e, poco dopo, il III Battaglione "Col Moschin" all’interno del 68º Reggimento Fanteria "Legnano", continuando a combattere al fianco delle forze alleate.
Anche la Regia Aeronautica sviluppò unità speciali, come il Battaglione ADRA (Arditi Distruttori della Regia Aeronautica), istituito nel 1942 per condurre operazioni di sabotaggio contro postazioni nemiche e preparare il territorio all'invasione. Dopo l'8 settembre, durante la Repubblica Sociale Italiana, l'ADRA continuò ad operare sotto il nome di ADAR (Arditi Distruttori Aeronautica Repubblicana), con sede a Tradate.
Nel 1944 furono costituiti, sempre per l'Aeronautica Nazionale Repubblicana, il 1º Reggimento Arditi Paracadutisti "Folgore" (ex Reggimento Paracadutisti "Folgore") e il 2º Reggimento Arditi Paracadutisti "Nembo" (attivo solo con due battaglioni).
Le Flottiglia MAS
Le Flottiglie MAS rappresentarono i precursori delle forze speciali della Marina Italiana. Inquadrati nella Regia Marina italiana hanno una storia operativa che affonda le radici nella Prima guerra mondiale e si estende fino alla Seconda guerra mondiale. Queste unità erano costituite da Motoscafi Armati Siluranti (MAS), progettati per attacchi veloci e fulminei contro la marina nemica. I MAS iniziarono a distinguersi già nella Grande Guerra, infliggendo pesanti perdite alla flotta austro-ungarica. Nel secondo conflitto mondiale, le loro operazioni si ampliarono grazie al supporto di reparti d'incursori e, con la nascita della Repubblica Sociale Italiana, anche di unità di fanteria di marina.
Le origini
I primi MAS furono sviluppati durante la fase iniziale della Prima guerra mondiale, a partire dal progetto elaborato dal cantiere veneziano SVAN (Società Veneziana Automobili Navali), che costruì i prototipi MAS 1 e MAS 2 nel giugno del 1915. La Regia Marina aveva già manifestato interesse per i motoscafi armati a partire dal 1906, ma solo con lo scoppio della guerra si passò dai progetti alla produzione in serie. Questi mezzi, progettati per attacchi rapidi e per sfruttare l'effetto sorpresa, venivano utilizzati per lanciare siluri contro le navi nemiche.
La Prima Guerra Mondiale e i successi dei MAS
Con l’avvio della Prima guerra mondiale, i MAS furono impiegati in operazioni di sorveglianza e attacco, dimostrando la loro efficacia in missioni contro le forze austro-ungariche. Questi motoscafi, piccoli, maneggevoli e dotati di un’elevata velocità, rappresentavano un cambiamento strategico per la Regia Marina, che puntava più sulla quantità e l’agilità rispetto alla potenza delle grandi navi da battaglia. Gli assalti condotti dai MAS furono coronati da successi spettacolari, come le missioni di Luigi Rizzo, che nel 1917 affondò la corazzata Wien al largo di Trieste, e nel 1918 distrusse la Santo Stefano, sempre della marina austro-ungarica.
L'affondamento della Szent István e della Viribus Unitis
Il 10 giugno 1918 ebbe luogo la storica impresa di Premuda, in cui il Tenente Luigi Rizzo e il Guardiamarina Giuseppe Aonzo, a bordo dei MAS 15 e 21, inflissero un colpo decisivo alla flotta austriaca. In piena Prima guerra mondiale, i due MAS, agli ordini del capo sezione Rizzo e rispettivamente comandati da Armando Gori e Giuseppe Aonzo, partirono dal porto di Ancona e, con audacia e precisione, riuscirono a infiltrarsi tra le unità nemiche dirette al Canale d’Otranto.
All’alba, i MAS riuscirono a silurare e affondare la corazzata austriaca SMS Szent István (Santo Stefano), segnando un successo decisivo per la Regia Marina Italiana. Questo atto eroico è ancora oggi celebrato ogni 10 giugno con la Festa della Marina.
Il 1º novembre 1918 nel corso dell'impresa di Pola con una "mignatta" il Maggiore Raffaele Rossetti e il Tenente medico Raffaele Paolucci affondarono la corazzata SMS Viribus Unitis.
La sera del 31 ottobre, due motoscafi armati siluranti (MAS), scortati da altrettante torpediniere, lasciarono Venezia senza alcun atto ufficiale che ratificasse l’operazione da parte italiana. Una volta giunti nelle acque istriane, a poche miglia dall’imbocco del porto di Pola, le torpediniere si ritirarono, lasciando che uno dei MAS rimorchiasse la "mignatta" — una torpedine semovente — fino a qualche centinaio di metri dalla diga foranea del porto. Alle 22:18, i due ufficiali italiani, Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci, puntarono verso il porto a bordo della mignatta, mentre il MAS si allontanava per tornare al punto prestabilito di recupero dopo l'azione.
L’avvicinamento all’obiettivo si rivelò complesso e rischioso: Rossetti e Paolucci trascinarono la mignatta a motore spento oltre le ostruzioni (una sbarramento esterno e tre ordini di reti) e riuscirono a eludere l'intensa vigilanza austriaca. Superarono inosservati le sentinelle sulla diga, le imbarcazioni di ronda e persino un sommergibile in rada. Alle 3:00 del mattino si trovarono in prossimità delle navi ancorate. Solo alle 4:45 del 1° novembre, dopo oltre sei ore in acqua, i due guastatori riuscirono finalmente a posizionarsi vicino allo scafo della Viribus Unitis. Rossetti si staccò dalla mignatta e, avvicinatosi alla corazzata, vi fissò una carica esplosiva da 200 kg programmata per esplodere alle 6:30. Quando ritornò al mezzo, un proiettore li illuminò, e furono subito scoperti. Prima di essere catturato, Paolucci riuscì comunque ad attivare la seconda carica esplosiva, mentre Rossetti fece affondare la mignatta, che si arenò nei pressi del piroscafo Wien.
Portati a bordo della Viribus Unitis come prigionieri, i due italiani appresero che, nella notte, il comando austriaco aveva ceduto la flotta di Pola agli jugoslavi e che la nave non batteva più bandiera austriaca. Alle 6:00 avvertirono il capitano Vuković che la corazzata poteva esplodere da un momento all’altro; questi ordinò immediatamente l’evacuazione e il trasferimento dei prigionieri sulla nave gemella Tegetthoff. Tuttavia, non essendoci stata alcuna esplosione, l’equipaggio rientrò a bordo, ormai scettico riguardo all’avvertimento dei due ufficiali italiani. Infine, alle 6:44, la carica esplosiva detonò, inclinando la corazzata su un lato e causandone il rapido affondamento. L'azione si concluse tragicamente con numerose vittime e dispersi tra l’equipaggio, tra cui il comandante Vuković, che, nel tentativo di salvarsi nuotando, fu mortalmente colpito dalla caduta di un albero della nave.
La Viribus Unitis, costruita nel 1912 a Trieste, rappresentava il fiore all'occhiello della Marina austro-ungarica. Come prima nave da battaglia della classe Tegetthoff, era dotata di un imponente armamento e tecnologie avanzate per l'epoca, incarnando la forza e l'orgoglio della flotta austro-ungarica nel Mediterraneo.
Fu messa a tacere per sempre dall'eroismo dei due italiani Rossetti e Paolucci.
D'Annunzio e il supporto agli Incursori
Tra i più grandi sostenitori dei MAS c’era Gabriele D’Annunzio, che fu a bordo dei MAS durante la celebre Beffa di Buccari e che contribuì a diffondere il motto “Memento Audere Semper” (Ricordati di osare sempre). Grazie al supporto di D’Annunzio, l’impiego dei MAS divenne un simbolo del coraggio e dell’audacia delle forze italiane, guadagnandosi la stima della nazione. Al termine del conflitto, la Regia Marina disponeva di 419 esemplari di MAS, segno del successo di questa strategia di combattimento basata sulla sorpresa e sull’agilità.
Tra le Due Guerre: sviluppi tecnici e strategici
Negli anni successivi alla Prima guerra mondiale, i MAS e altri mezzi d'assalto non furono il fulcro degli investimenti della Marina, dato l'assetto pacifico instauratosi nel Mediterraneo. Tuttavia, l'ideazione e la progettazione di nuove unità d'incursione riprese con la guerra d’Etiopia, a partire dal 1935, che riaccese le tensioni con la Gran Bretagna e la Francia. Fu in questo contesto che i principi dei MAS furono estesi a nuovi progetti, come i barchini esplosivi e gli innovativi siluri a lenta corsa (SLC). Gli SLC, progettati da Teseo Tesei ed Elios Toschi, erano mezzi di incursione subacquea in grado di trasportare operatori e testate esplosive sotto il livello del mare, permettendo attacchi ravvicinati contro le navi nemiche ormeggiate nei porti.
La Seconda Guerra Mondiale: nascono gli Uomini d'Assalto
All’entrata dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, la Marina italiana aveva costituito diverse flottiglie MAS, tra cui la Xª Flottiglia MAS, l’unità d’élite che sarebbe divenuta simbolo dell’incursione italiana. Inizialmente denominata 1ª Flottiglia MAS, la Xª ricevette poi la specialità degli "uomini d'assalto", che includeva sommozzatori addestrati per nuotare sotto le navi nemiche e posizionare esplosivi direttamente sugli scafi. Questi incursori operavano su siluri a lenta corsa, o "maiali", e si resero protagonisti di azioni memorabili contro le unità navali alleate.
Xª Flottiglia MAS: il terrore del mediterraneo
Se la Xª MAS fosse stata pienamente operativa nel giugno 1940, quando gli inglesi non disponevano ancora dell'Ultra né di buoni sistemi di vigilanza nei porti di Alessandria, Gibilterra e La Valletta, la guerra probabilmente avrebbe avuto un esito assai diverso.
Jack Greene, scrittore inglese
La prima azione coronata da successo per la Xª Flottiglia MAS si svolse il 25 marzo 1941: sei barchini esplosivi presero di mira diverse unità nemiche nella baia di Suda, a Creta, causando danni irreparabili, tra cui all'incrociatore York, che venne successivamente incagliato e utilizzato come batteria galleggiante.
L’incursione, sotto il comando del Tenente di Vascello Luigi Faggioni, fu condotta con sei MTM (Motoscafi Turismo Modificati), che forzarono le ostruzioni della baia nottetempo e attesero fino alle prime luci dell’alba, quando poterono individuare chiaramente le sagome degli obiettivi ancorati. Uno dei barchini colpì direttamente lo York, provocando danni tali da impedirne la partecipazione a ulteriori eventi bellici; un secondo, pilotato dal Sergente Cannoniere Emilio Barberi (che per questa azione ricevette la Medaglia d’Oro al Valor Militare), centrò la petroliera Pericles, mentre un terzo barchino, mancando il bersaglio programmato, impattò contro un molo.
Le altre unità non riuscirono a raggiungere gli obiettivi a causa di guasti meccanici e delle difficili condizioni operative; i piloti affondarono quindi i propri mezzi per evitare che cadessero in mano nemica.
I teatri operativi della Xª Flottiglia MAS: non solo Mediterraneo, ma anche Mar Nero
Tra le missioni più celebri vi fu l’attacco al porto di Alessandria d'Egitto nel 1941, in cui gli incursori affondarono le corazzate britanniche Queen Elizabeth e Valiant. Con queste azioni, la Xª Flottiglia MAS dimostrò il potenziale distruttivo della strategia basata su piccoli mezzi e attacchi mirati.
Nel 1942, la Xª Flottiglia MAS ampliò il suo raggio d’azione con l’impiego di unità speciali nel Mar Nero, dove operò con una squadriglia MAS trasferita via terra. Qui, le unità italiane affrontarono la flotta sovietica, ottenendo vittorie significative, tra cui l’affondamento di sommergibili e navi da trasporto sovietiche. In Mediterraneo, inoltre, i MAS italiani parteciparono alla celebre battaglia di Mezzo Agosto del 1942, infliggendo perdite importanti a un convoglio britannico destinato a Malta.
Nella Repubblica Sociale Italiana
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la Xª Flottiglia MAS si divise. Alcune delle unità scelsero di continuare la lotta al fianco della Repubblica Sociale Italiana (RSI), operando sotto il comando del principe Junio Valerio Borghese. Questo gruppo si dedicò principalmente ad attacchi contro le forze angloamericane, operando sia in mare aperto che lungo le coste italiane. Altri membri della flottiglia optarono per la Marina Cobelligerante Italiana, mantenendo attiva la loro specialità d’assalto e collaborando con le forze alleate fino al termine del conflitto.
In sintesi, i MAS rappresentarono una rivoluzione tattica per la Regia Marina, dimostrando che la strategia delle piccole unità d’assalto poteva fronteggiare anche le flotte più potenti. Le loro azioni rimasero impresse nella storia della marina italiana, e l’eredità di coraggio e innovazione delle flottiglie MAS prosegue tuttora nelle attuali forze d’incursione.
Il secondo dopoguerra e la riorganizzazione
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia iniziò una profonda riorganizzazione delle proprie unità militari, gettando le basi per la costituzione delle attuali forze speciali. Nel 1954, all'interno dell'Esercito Italiano, nacque il Reparto Sabotatori Paracadutisti, con sede a Pisa, primo nucleo del futuro 9º Reggimento d'assalto Paracadutisti "Col Moschin". Questa unità rappresentava un nuovo tipo di forza militare, formata per operazioni che andavano oltre i confini della guerra convenzionale e che introducevano l’Italia nella dimensione moderna delle operazioni speciali.
Nel 1952, il capo di stato maggiore della Marina Militare, Ammiraglio Corso Pecori Giraldi, affidò al Tenente di Vascello Aldo Massarini, l’incarico di studiare la possibile ricostituzione di un reparto di incursori subacquei, integrando le esperienze dei nuotatori guastatori e dei nuotatori paracadutisti. Così, con la revoca dei vincoli imposti dal trattato di Parigi, venne istituito il Gruppo Arditi Incursori presso il Varignano, formalizzato dal Foglio d'ordine n. 44 del 30 maggio 1952 e posto sotto la direzione di Maricentrosub La Spezia.
Su iniziativa dell’ammiraglio Gino Birindelli, comandante di Maricentrosub, fu avviata una riorganizzazione del reparto, che nel 1956 assunse la denominazione di MariSubArdIn. I suoi membri, oltre alle operazioni in mare, iniziarono a essere addestrati anche al combattimento in montagna e alle attività di aviolancio a partire dal 1962.
Nel 1964, venne invece costituita la Sezione Aerei Leggeri (S.A.L.) presso l’aeroporto di Alghero-Fertilia, alle dipendenze del Raggruppamento Unità Speciali (R.U.S.). Questo reparto forniva supporto aereo, creando una sinergia tra mezzi terrestri e aerei che potenziava la mobilità e la capacità di reazione delle unità speciali italiane.
Negli anni ’70, il crescente rischio di minacce terroristiche portò il governo italiano a istituire unità specializzate. Su ordine del ministro dell'interno Francesco Cossiga, nel 1977 venne fondata l’UN.I.S. (Unità di Intervento Speciale) con un addestramento mirato alla liberazione di ostaggi e alla lotta contro il terrorismo. Da un distaccamento del 1º Battaglione Carabinieri Paracadutisti nacque, nel febbraio 1978, il Gruppo di Intervento Speciale (GIS), che divenne il primo reparto italiano dedicato esclusivamente alle operazioni antiterrorismo in ambito militare.
La svolta fondamentale per le forze speciali italiane arrivò il 30 dicembre 1985, quando, su disposizione del ministro della difesa Giovanni Spadolini, furono ufficialmente istituiti i Gruppi Operativi Speciali (GOS), segnando l’inizio della formazione delle attuali forze speciali della Repubblica Italiana. In questo progetto confluivano selezionati elementi del 9º Battaglione Col Moschin dell’Esercito e del COMSUBIN della Marina Militare, due unità destinate a supportare le operazioni di intelligence del SISMI. Questo rappresentava un cambio di paradigma per l’Italia: i GOS erano una forza esclusiva e mirata a operazioni segrete, capaci di agire in territori e contesti ostili a sostegno degli interessi strategici nazionali.
Con il tempo nacquero anche unità di supporto altamente specializzate. Nel 1992, il 39º Gruppo Squadroni della Cavalleria dell'Aria "Drago" divenne il primo reparto italiano a utilizzare tecnologie avanzate per la visione notturna, permettendo così una maggiore operatività notturna. La competenza e l’esperienza del personale furono essenziali per il successo delle missioni internazionali, ampliando il raggio d’azione dell’Italia. Nello stesso periodo, il 26º Gruppo Squadroni "Giove", inquadrato nella Brigata Paracadutisti "Folgore", si distingueva per un addestramento specifico con paracadutisti e incursori, trasformandosi in seguito nel 26º Reparto Elicotteri Operazioni Speciali (REOS), una componente aerea strategica autonoma.
Queste innovazioni permisero all’Italia di schierare forze speciali con capacità operative avanzate, ponendola in prima linea nel panorama delle operazioni speciali internazionali.
Gli anni 2000, espansione delle forze speciali italiane e nascita del C.O.F.S.
All’inizio del nuovo millennio, l’Italia intensificò lo sviluppo delle proprie forze speciali per affrontare nuove minacce globali e per rafforzare la capacità di intervento rapido in contesti internazionali. Nel marzo 2003, dall’Aeronautica Militare nacque il Reparto Incursori A.M.I. (RIAM), destinato a diventare il 17º Stormo Incursori, una componente essenziale nelle operazioni speciali aeree, addestrata per missioni di sabotaggio, recupero di ostaggi e supporto tattico in situazioni di elevata criticità.
L’anno seguente, nel 2004, l’Italia compì un altro passo decisivo con la fondazione del C.O.F.S. (Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali), un comando centrale per il coordinamento e la pianificazione delle operazioni speciali. La creazione del C.O.F.S. rappresentò un momento di svolta nella gestione interforze, migliorando la sinergia operativa tra Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri. In quell’anno, anche il GIS dei Carabinieri venne riconosciuto come forza speciale, consolidando il suo ruolo in missioni antiterrorismo e operazioni ad alto rischio.
Costituito ufficialmente il 1º dicembre 2004, sotto la guida del Generale Paracadutista Incursore (Esercito Italiano) Marco Bertolini, già nel 2008 è stato riconosciuto come comando di pianificazione e nel 2021 è stato validato dalla NATO come Comando proiettabile di componente per le Operazioni Speciali (SOCC) all'interno della NATO Response Force (NRF).
Nel 2006, le forze speciali italiane furono impegnate in Afghanistan, nell'ambito della missione ISAF (International Security Assistance Force). Per l’occasione, fu istituita la Task Force 45 (TF-45), una speciale unità destinata alle operazioni di contrasto alle minacce terroristiche. La TF-45 rappresenta il più grande dispiegamento di forze speciali mai messo in campo dall'Italia dal dopoguerra.
Nel 2013, un distaccamento delle forze speciali italiane venne posizionato nella base italiana di Gibuti, intitolata ad Amedeo Guillet, dove operano a rotazione per garantire un presidio strategico e il controllo dell'area del Corno d’Africa.
Un’importante innovazione normativa giunse nel 2015, quando con l’art. 7-bis della legge 11 dicembre 2015, n. 198, fu sancito che i servizi di intelligence italiani, come l’AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna), potessero avvalersi delle forze speciali per missioni specifiche all’estero. Questa norma colmò un vuoto legislativo e allineò l’Italia ai modelli operativi già presenti in altri paesi, rafforzando la cooperazione tra intelligence e reparti speciali per affrontare le crescenti minacce globali.
2013, nasce il COMFOSE, la "Brigata Forze Speciali"
Nel 2013, a Pisa, viene istituito il Comando delle Forze Speciali dell’Esercito (COMFOSE) dell'Esercito Italiano, un comando di livello brigata con l'obiettivo di coordinare tutte le unità di forze speciali della forza armata, forze per operazioni speciali e le unità di supporto operativo destinate a operazioni speciali. Questa iniziativa è parte della più ampia Riforma dello Strumento Militare del 2012, voluta dall’allora Ministro della Difesa, Ammiraglio Giampaolo Di Paola.
Il COMFOSE coordina i seguenti reparti:
- 9º Reggimento d’Assalto Paracadutisti "Col Moschin" - unità di Forze Speciali con sede a Livorno.
- 185º Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi "Folgore" - unità di Forze Speciali con sede a Livorno.
- 4º Reggimento Alpini Paracadutisti - unità di Forze Speciali con sede a Verona.
- Centro Addestramento per le Operazioni Speciali
- Reparto Supporti alle Operazioni Speciali
Sebbene non faccia formalmente parte del COMFOSE, un reparto del Comando Aviazione dell’Esercito è stato assegnato come unità di supporto operativo per operazioni speciali. A questo scopo, il 3º Reggimento elicotteri per operazioni speciali "Aldebaran" è stato creato ed è addestrato per esigenze operative specifiche delle forze speciali.
2017, un salto in avanti importante
Nel 2017, a fronte dell’impiego sempre più frequente delle forze speciali italiane in operazioni NATO, si decide di rafforzare ulteriormente la struttura operativa, ampliando il numero di reparti qualificati come forze speciali di primo livello (TIER 1). Nella nuova configurazione furono inclusi anche il 4º Reggimento Alpini Paracadutisti e il 185º Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi (RAO) Folgore, due unità con una consolidata esperienza nelle Forze per Operazioni Speciali (FOS) dell’Esercito Italiano.
La convalida ufficiale di queste unità all'interno delle forze speciali italiane avvenne nell'ottobre 2018, durante l’esercitazione “Notte Scura 2018” che testò le capacità operative delle truppe in scenari complessi e di alta intensità.
I Reparti
Le Forze Speciali Italiane comprendono sette reparti altamente addestrati, ciascuno con una specifica vocazione operativa:
Esercito Italiano
Dal 20 Settembre 1954 è il precursore dei reparti delle forze speciali italiane. Nel 1995 ha assunto l’attuale denominazione passando da battaglione a reggimento. Prima unità speciale dell’Esercito Italiano, ha partecipato a tutte le missioni internazionali dal dopoguerra. È il reparto Incursori della Forza Armata.
Creato per le missioni di ricognizione, esplorazione e sorveglianza, è composto da personale altamente qualificato nel ruolo di “Acquisitori Obiettivi”. Dal 2013, il reggimento ha ereditato la Bandiera di guerra del 1º Reggimento Paracadutisti e nel 2018 è stato ufficialmente validato come Forza Speciale.
Specializzato nelle operazioni in ambiente montano, questo reggimento è stato istituito il 25 settembre 2004, evolvendosi dal Battaglione Alpini Paracadutisti “Monte Cervino”. Nel 2018 è stato validato come Forza Speciale.
Marina Militare
Nato il 25 aprile 1952, il GOI è il reparto d’élite per operazioni in mare, anfibie e subacquee, nonché per missioni terrestri ad alto rischio. Ha operato in Afghanistan e in altre missioni internazionali, affiancato dal Reparto Eliassalto per operazioni congiunte.
Aeronautica Militare
Costituito nel marzo 2003 come “Reparto Incursori A.M.”, eredita le tradizioni dei reparti speciali della Regia Aeronautica. Dal 2008 è noto come 17º Stormo Incursori, con sede a Furbara, e fa parte della 1ª Brigata Aerea “Operazioni Speciali”.
Carabinieri
Fondato nel 1978 per la lotta al terrorismo, il GIS è una forza speciale che opera sotto il COFS ed è inquadrata nella 2ª Brigata Mobile Carabinieri. L’unicità dei suoi membri risiede nella qualifica di incursore e nella loro funzione di agenti di pubblica sicurezza e polizia giudiziaria, permettendo interventi su vasta scala, sia in Italia che all’estero, in contesti di guerra e di alto rischio per le rappresentanze diplomatiche italiane.
Unità militare Forza Speciale “Tier 2” dell’Arma dei carabinieri, inquadrata nella 2ª Brigata Mobile Carabinieri, formata da esploratori paracadutisti, e specializzata nelle missioni militari fuori area.
Forze di supporto
Oltre ai principali reparti di Forze Speciali, l’Italia dispone anche di unità di supporto operativo e di unità di coronamento per operazioni speciali, che forniscono sostegno essenziale in missioni di alto livello e contesti operativi complessi. Questi reparti si distinguono per l’alta specializzazione, soprattutto nel settore del supporto aereo, delle comunicazioni e delle operazioni esplorative.
Unità di supporto operativo per operazioni speciali
Il Supporto Operativo delle Operazioni Speciali (SOOS) richiede unità di volo specializzate, sia ad ala fissa che rotante, per garantire il trasporto tattico, e si avvale anche di reparti dedicati alle comunicazioni operative e alle trasmissioni:
21º Gruppo Volo del 9º Stormo "Francesco Baracca" (Aeronautica Militare)
11º Reggimento Trasmissioni (Esercito Italiano)
28º Reggimento Comunicazioni "Pavia" (Esercito Italiano)
Unità di coronamento per operazioni speciali
Nella pianificazione delle missioni, il COFS può inoltre impiegare unità di coronamento, formate da reparti esploranti e di supporto, attinti a seconda del livello di operatività e del grado di addestramento richiesto per ogni specifico teatro operativo.
Tra le unità di coronamento per operazioni speciali italiane (COS) rientrano:
Questi reparti ampliano le capacità di intervento delle Forze Speciali, consentendo una flessibilità operativa strategica in scenari di missione sia nazionali che internazionali.
Compagnia Combat Support del 1º Reggimento "San Marco" (Marina Militare)
Gruppo Fucilieri dell’Aria del 9º Stormo "Francesco Baracca" (Aeronautica Militare)
Compagnia STOS Fucilieri dell’Aria del 16º Stormo "Protezione delle Forze" (Aeronautica Militare)
Plotone Esploratori Anfibi del Reggimento Lagunari "Serenissima" (Esercito Italiano)
Gli operatori della forze speciali Italiane
Le specialità degli operatori delle Forze Speciali delle Forze Armate italiane si differenziano in base all’ambiente operativo e alla vocazione di ciascun reparto. Nell’Esercito Italiano, il percorso formativo si articola in due fasi principali:
- Fase iniziale comune, che comprende:
- Corso Tecniche Combattimento per le Operazioni Speciali: solo per i VFI in uscita dai RAV
- Selezione fisica: Valutazione delle capacità fisiche del candidato (presso il CE.ADD.OS. del COMFOSE)
- Selezione attitudinale: Tirocinio pratico per verificare l’idoneità psicologica e motivazionale (2 settimane presso il CE.ADD.OS. del COMFOSE)
- Corso di Paracadutismo Militare: Addestramento alle tecniche di aviolancio con paracadute ad apertura automatica per non provenienti dalle aviotruppe (4 settimane presso il CAPAR di Pisa).
- Corso OBOS: Operatore Basico Operazioni Speciali (circa 12 settimane presso il CE.ADD.OS. del COMFOSE).
- Fase formativa specialistica, con addestramenti avanzati in base all'incarico:
- Incursore: Oltre 50 settimane presso il 9º Reggimento d'Assalto Col Moschin
- Acquisitore: Oltre 50 settimane presso il 185º Reggimento RAO "Folgore"
- Ranger: Oltre 40 settimane presso il 4º Reggimento Alpini Paracadutisti
Sono inoltre previste specialità per le forze di supporto:
- Mitragliere di bordo per operazioni speciali
- Operatore STOS (Supporto Tattico Operazioni Speciali)
Il brevetto da Incursore
Il brevetto militare da "Incursore", l'operatore delle forze speciali per eccellenza, viene istituito con Decreto Ministeriale del 2 maggio 1984. Il conseguimento del brevetto comporta una variazione matricolare del militare e, se associato all’appartenenza a un reparto di Forze Speciali, dà diritto a benefici economici significativi. Tra questi figurano l’indennità supplementare per Incursori, pari al 180% dell'indennità operativa di base (prevista dalla Legge 78/1983), e un’indennità aggiuntiva per Forze Speciali di 120 euro lordi mensili.
I corsi per il conseguimento del brevetto sono organizzati dalle principali Forze Armate italiane:
- Esercito Italiano: Come visto sopra, al pari dell'Acquisitore e del Ranger, corso diretto dal Comando delle Forze Speciali dell’Esercito (COMFOSE)
- Marina Militare: Scuola Incursori presso il Varignano, con un percorso della durata di 1 anno, suddiviso in tre fasi addestrative ed una fase finale.
- Aeronautica Militare: Corso Basico Incursori AM (BIAM) a Furbara dalla durata di 4 mesi circa e successivamente Corso Combattimento per Forze Speciali (PC-FS) dalla durata di 6 mesi circa.
- Arma dei Carabinieri: Corso suddiviso in due fasi, dalla durata complessiva di circa 1 anno. I candidati al GIS devono provenire dal 1º Reggimento Carabinieri Paracadutisti "Tuscania", ed aver completato almeno due anni di servizio. L'età massima consentita per accedere è di 32 anni.
Questi percorsi formativi garantiscono un addestramento intensivo e mirato, preparando ogni operatore ad operazioni ad alto rischio e massima complessità.
I compiti delle forze speciali Italiane
I principali compiti delle forze speciali italiane includono:
- Azioni dirette: sabotaggi, incursioni in ambienti nemici e contro obiettivi strategici, ricerca e salvataggio di ostaggi in zone di guerra, eliminazione di ostacoli e preparazione del territorio per il dispiegamento delle forze convenzionali;
- Assistenza militare di vario tipo;
- Ricognizioni speciali.
A questi si aggiungono ulteriori funzioni:
- Operazioni anti-terrorismo;
- Evacuazione di connazionali da paesi a rischio;
- Controproliferazione di materiale CNBR (chimico, nucleare, biologico e radiologico).
Comandi
Nel 2001 i Carabinieri hanno istituito la 2ª Brigata Mobile Carabinieri, un’unità che inquadra tutte le forze impiegate nelle operazioni all’estero, incluso il GIS.
Nel 2007, l’Aeronautica Militare ha istituito la 1ª Brigata Aerea "Operazioni Speciali" per gestire le attività delle Forze Speciali e delle Forze di Protezione.
Nel 2013, l’Esercito Italiano ha istituito il Comando delle Forze Speciali dell’Esercito (COMFOSE) per uniformare le procedure e i metodi di addestramento delle proprie forze speciali.
Il Gruppo Operativo Incursori (GOI), invece, risponde direttamente al Capo di Stato Maggiore della Marina Militare.
Per le operazioni, TUTTI QUESTI REPARTI, di ogni forza armata, restano alle dipendenze del COFS, sotto il Comando dello Stato Maggiore della Difesa.
Conclusioni
Gli Arditi italiani e le Flottiglie MAS della Regia Marina furono pionieri delle forze speciali moderne, anticipando alcune delle tecniche e delle operazioni che sarebbero state poi adottate dalle forze armate di tutto il mondo.
Le tattiche e la formazione degli Arditi e della Decima MAS posero le basi per la creazione delle unità speciali in molti paesi. I britannici, ad esempio, furono molto colpiti dai successi della Decima MAS e vi si ispirarono per la creazione di reparti subacquei e per l’impiego di tecniche di assalto non convenzionali.
In sintesi, gli Arditi e le Flottiglie MAS furono i primi esempi di forze speciali moderne in Europa e nel mondo.