Decreto Sicurezza: salta l’obbligo per le PA di collaborare con i Servizi Segreti

Il Consiglio dei ministri ha approvato il Decreto legge Sicurezza, trasformando il precedente disegno di legge (Ddl) in un provvedimento d’urgenza. Una scelta strategica e politica, che introduce anche modifiche rilevanti al testo originario, tra cui spicca l’eliminazione dell’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni e le università di collaborare con i Servizi Segreti.
Si tratta di una svolta importante rispetto a quanto previsto in origine. Nel nostro articolo del 19 marzo, “Maggiori poteri ai Servizi Segreti – Il nuovo volto della sicurezza nazionale”, avevamo evidenziato come il Ddl rappresentasse un passo in avanti verso un modello di sicurezza nazionale più moderno, integrato e pronto ad affrontare le nuove minacce ibride, cyber e asimmetriche. Tra i punti qualificanti di quella proposta, figurava proprio l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di cooperare attivamente con l’intelligence italiana, garantendo accesso a dati, informazioni e sistemi, secondo tempi e modalità stabiliti in coordinamento con l’autorità delegata ai servizi.
Con l’approvazione del decreto legge, questo obbligo è stato depennato, e con esso è sfumata una delle riforme strutturali più importanti del sistema. L’articolo 31, che prevedeva una collaborazione obbligatoria tra enti pubblici e intelligence, è stato rivisto in profondità: la cooperazione resterà facoltativa e dovrà comunque avvenire nel rispetto delle norme sulla privacy. Una modifica significativa, frutto delle osservazioni sollevate dal Quirinale e dalla Ragioneria dello Stato, che hanno portato a una riscrittura del testo più prudente, depurato dai punti considerati più controversi sul piano costituzionale.
L’impatto della scelta: occasione mancata o tutela delle libertà?
Privare i Servizi Segreti di una collaborazione sistemica e obbligatoria con PA e università rappresenta, secondo diversi analisti, un passo indietro nella costruzione di un’intelligence moderna, efficiente e integrata. In un contesto globale segnato da instabilità geopolitica, minacce digitali, radicalizzazioni sotterranee e guerre ibride, il sistema-Paese ha bisogno di una rete informativa condivisa e tempestiva, in cui i comparti civili siano parte attiva.
Il Ddl originario puntava proprio a questo: costruire una rete di sicurezza nazionale trasversale, capace di superare le tradizionali separazioni tra apparati. L’eliminazione dell’obbligo lascia invece un vuoto normativo, rischiando di mantenere vive le “zone grigie” operative che rallentano le attività di prevenzione.
D’altro canto, le motivazioni alla base della modifica non sono prive di logica. L’obbligo di cooperazione avrebbe potuto entrare in contrasto con principi fondamentali come la tutela dei dati personali, l’autonomia degli enti universitari e amministrativi, e il principio di proporzionalità tra poteri dello Stato e libertà civili. Si è temuto che una norma troppo vincolante potesse aprire la strada a derive invasive.
Cosa resta in piedi
Nonostante il ridimensionamento dell’articolo 31, resta in vigore una delle sue previsioni più delicate: il potenziamento delle attività sotto copertura. Il decreto infatti autorizza gli agenti dei servizi segreti infiltrati a guidare e dirigere direttamente associazioni anche eversive o di matrice terroristica, ampliando il raggio d’azione dell’intelligence in scenari estremi. Una disposizione che, se da un lato consente manovre più incisive, dall’altro solleva inevitabili interrogativi sul controllo democratico delle operazioni coperte e sui limiti dell’inganno operativo.
Le altre modifiche: cosa cambia (e cosa no)
Il decreto ha subito sei correzioni su indicazione del Quirinale, tutte ritenute a rischio incostituzionalità ma nel complesso di portata limitata, tali da non stravolgere l’impianto originario.
- Servizi segreti – Tra le modifiche più significative spicca la soppressione dell’obbligo per università e pubbliche amministrazioni di condividere informazioni sensibili con l’intelligence: un punto centrale dell’articolo 31 del disegno di legge, ora trasformato in una collaborazione su base volontaria, comunque subordinata alle normative sulla privacy. Non viene invece toccata un’altra disposizione delicata: quella che amplia i poteri operativi degli agenti sotto copertura, autorizzandoli, nei casi più estremi, a prendere il comando di organizzazioni eversive o terroristiche, nell’ambito di operazioni segrete.
- Carcere per le detenute madri – Resta la possibilità di carcere anche per le condannate incinte o con figli minori di un anno. L’unica modifica introdotta riguarda la custodia cautelare, che dovrà essere eseguita obbligatoriamente in istituti a custodia attenuata.
- SIM ai migranti – Salta il divieto di acquistare SIM telefoniche per i migranti irregolari: non sarà necessario presentare il permesso di soggiorno, ma basterà un documento d’identità.
- Rivolte nei centri di detenzione – Ridimensionata la nuova fattispecie di reato: si applicherà solo agli atti contrari all’ordine e alla sicurezza, ma restano pene severe fino a vent’anni, nel caso in cui dalla rivolta derivino, anche in modo non intenzionale, lesioni o morte.
- Proteste contro le grandi opere – L’aggravante resta ma viene riformulata: riguarda ora le infrastrutture di pubblica utilità, colpendo comunque manifestazioni come quelle contro il Ponte sullo Stretto o la Tav.
- Resistenza a pubblico ufficiale – Eliminata la norma che vietava ai giudici di applicare attenuanti, ripristinando così un margine di valutazione discrezionale anche quando il reato è commesso nei confronti di un appartenente alle forze dell’ordine.
Le ragioni politiche dietro la svolta
La trasformazione del Ddl in decreto legge rappresenta il frutto di una precisa strategia politica, finalizzata ad accelerare l’approvazione del pacchetto sicurezza ed evitare il ritorno del testo in Aula per una terza lettura.
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rivendicato apertamente durante la seduta di governo la scelta di superare il percorso parlamentare, sottolineando che il provvedimento è rimasto bloccato per oltre un anno. “È una scelta di cui ci assumiamo la responsabilità consapevoli del fatto che non potevamo più aspettare e che era prioritario dare risposte ai cittadini e assicurare ai nostri uomini e alle nostre donne in divisa le tutele che meritano”.
La premier ha inoltre replicato alle critiche che hanno definito il passaggio al decreto come una “scorciatoia” o addirittura un “blitz”: “Io penso che non sia nessuna delle due cose, ma semplicemente una scelta che il governo legittimamente ha deciso di prendere, per rispettare gli impegni presi con i cittadini e con chi ogni giorno è chiamato a difendere la nostra sicurezza”.
Autonomia amministrativa e sicurezza condivisa
La modifica sul punto relativo ai Servizi Segreti riapre una questione centrale: quale deve essere oggi il rapporto tra enti pubblici e intelligence? In molte democrazie avanzate, università e pubbliche amministrazioni sono già soggette a forme di cooperazione strutturata, perché la sicurezza nazionale è concepita come una responsabilità condivisa, che coinvolge l’intero apparato dello Stato.
Nel mondo iperconnesso e vulnerabile in cui viviamo, la minaccia può emergere da qualsiasi ambito, e ogni ente, anche il più periferico, può rappresentare una sentinella strategica o un punto debole della rete. Rinunciare a istituzionalizzare questa collaborazione rischia di diventare un’occasione mancata per rendere l’intelligence italiana più moderna, integrata e capace di prevenire in tempo reale le nuove forme di attacco.
Conclusione
L’eliminazione dell’obbligo di collaborazione tra PA e Servizi Segreti rappresenta senza dubbio la novità più rilevante del nuovo Decreto Sicurezza. Una norma chiave viene accantonata, mentre si rafforzano le attività sotto copertura. Un compromesso politico che riflette un equilibrio fragile tra esigenze operative e garanzie costituzionali.
Resta ora da capire se questa rinuncia sarà temporanea o definitiva. Quel che è certo è che la sicurezza della Nazione non può più permettersi ritardi né divisioni operative. In un’epoca di sfide multidimensionali, servono strumenti normativi chiari, integrazione istituzionale e una strategia comune.
Continueremo a seguire gli sviluppi, nella consapevolezza che la sicurezza – come la libertà – va difesa ogni giorno, anche nei dettagli delle leggi.
Pubblicato da Condoralex
Al secolo Alessandro Generotti, C.le magg. Paracadutista in congedo. Brevetto Paracadutista Militare nº 192806. 186º RGT Par. Folgore/5º BTG. Par. El Alamein/XIII Cp. Par. Condor.
Fondatore e amministratore del sito web BRIGATAFOLGORE.NET. Blogger e informatico di professione.