Italia: obiettivi e costi della Difesa NATO - brigatafolgore.net
L’Alleanza Atlantica ha avviato un processo di definizione dei costi di difesa dei suoi membri, stabilendo una percentuale del prodotto interno lordo (PIL) da destinare alla spesa militare. Per l’Italia, il futuro impegno si traduce in una cifra importante: circa 4 miliardi di euro all’anno, per un totale di oltre 30 miliardi in sette anni.
Nel contesto di crescente attenzione alla sicurezza e alla protezione delle infrastrutture strategiche, la NATO sta implementando un nuovo schema di spesa militare. Ogni Paese dovrà destinare il 3,4-3,5% del proprio PIL alla difesa, un obiettivo che, per l’Italia, si traduce in circa 4,3 miliardi di euro all’anno. L’ammontare totale dell’impegno italiano sarà pari a oltre 30 miliardi di euro nei prossimi sette anni.
Il meccanismo di spesa prevede una distinzione tra il 3,4-3,5% dedicato alle forze armate (comprendente spese per ordigni, mezzi militari, stipendi per soldati e ufficiali) e l’1,5% destinato ad altri ambiti, come la protezione delle infrastrutture vitali (centrali energetiche, cavi sottomarini) e la «cyber security». L’approccio adottato dalla NATO include anche delle scadenze annuali, con un aumento dello 0,2% del PIL da destinare alla difesa ogni anno.
Un elemento chiave in questa trasformazione della spesa difensiva è l’influenza degli Stati Uniti. Donald Trump ha spinto affinché i membri dell’Alleanza si impegnassero a destinare il 5% del loro PIL alla sicurezza, con una divisione tra spesa militare e altre voci. Il confronto fra i ministri degli Esteri della NATO, previsto per il 14-15 maggio a Antalya (Turchia), avrà un ruolo cruciale nel definire i dettagli operativi di questa proposta. Tra i partecipanti al vertice, si attende anche il Segretario di Stato USA, Marco Rubio.
L’Italia si trova ora di fronte a un impegno di spesa significativo. Attualmente, la spesa per la difesa italiana è pari all’1,57% del PIL, con un stanziamento di 31,2 miliardi di euro nel bilancio 2025. Il governo italiano prevede di raggiungere il 2% includendo anche voci finora non considerate, come le spese per la Guardia Costiera, i Carabinieri e la Guardia di Finanza. Questi nuovi parametri saranno presentati alla NATO durante il summit di giugno.
Un altro elemento da considerare riguarda le opzioni offerte dalla Commissione Europea, che consente agli Stati membri di superare il limite del deficit del 3% del PIL, arrivando fino al 4,5% per finanziare la spesa per gli armamenti. Sedici Paesi dell’Unione Europea hanno già attivato questa clausola di salvaguardia. Tuttavia, il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, non ha ancora preso una decisione definitiva. Mentre i ministri degli Esteri, Antonio Tajani, e della Difesa, Guido Crosetto, sembrano favorevoli a sfruttare questa opportunità, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, esprime preoccupazione per il già elevato debito pubblico italiano.
In recenti interviste, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ex Comandante del COFS e presidente del Comitato militare della NATO, ha sottolineato l’importanza di aumentare la spesa militare in modo più efficiente, criticando la frammentazione tra i Paesi NATO e UE che impedisce economie di scala. La difesa della sovranità industriale europea, ha aggiunto, ha contribuito a un ritardo tecnologico nell’industria della difesa. Inoltre, ha avvertito che la minaccia alla sicurezza europea è attuale e crescente, pari o peggiore rispetto a quella della Guerra Fredda. Cavo Dragone ha ribadito l’urgenza di una preparazione militare rafforzata, con i Paesi alleati chiamati a intensificare il loro impegno difensivo di fronte ai rischi sempre più vicini alle porte dell’Europa.
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