Droni: Francia e Ucraina accelerano, l’Italia deve urgentemente implementare un Piano Industriale Nazionale - brigatafolgore.net
La notizia, anticipata da FranceInfo Dimanche, ha del clamoroso: la casa automobilistica francese Renault darà vita a uno stabilimento per la produzione di droni in Ucraina. Secondo quanto annunciato venerdì scorso dal ministro della Difesa francese Sébastien Lecornu, la produzione avverrà in collaborazione con una PMI del settore difesa e sarà situata a poche decine di chilometri dal fronte. I droni saranno destinati all’esercito ucraino ma anche a quello francese, che li userà a scopo addestrativo.
L’iniziativa risponde a un’esigenza concreta: entro il 2025 l’Ucraina prevede di impiegare oltre 4,5 milioni di droni, responsabili – secondo le stime – del 70% delle distruzioni di equipaggiamento russo in prima linea. I droni non sono più uno strumento d’élite ma una massa d’urto a basso costo, adattabile, sacrificabile, devastante.
Una prova eclatante è arrivata pochi giorni fa, con l’Operazione Spider Web, condotta dai servizi segreti ucraini (SBU) con droni FPV: un attacco che ha annientato parte della flotta aerea russa, eludendo le contromisure elettroniche grazie a tecnologie anti-GPS sviluppate da aziende come Sine.Engineering. L’evento ha scosso le difese occidentali, tanto che il Capo di Stato Maggiore dell’Air Force statunitense, Gen. David Allvin, ha dichiarato: “Ci fa capire quanto l’idea di santuari militari impenetrabili sia ormai obsoleta.”
L’attacco ha innescato una riflessione profonda nelle capitali occidentali. Negli Stati Uniti si discute su come adottare lo stesso approccio offensivo, meno sofisticato ma più efficace. In Germania, la Bundeswehr ha già avviato un piano per l’acquisizione rapida di droni kamikaze ed economici, adottando il principio della Software Defined Defence: il valore è nel software, non solo nell’hardware.
E l’Italia? Nonostante l’alta concentrazione di aziende con know-how specifico nel settore UAV, manca ancora una strategia nazionale per la produzione industriale di droni militari, in particolare droni in sciame, autonomi o kamikaze.
Il potenziale non manca. Alcune delle principali aziende italiane attive nel settore includono:
Nonostante questo panorama, nessuno di questi soggetti è stato ancora coinvolto in un programma nazionale per la produzione massiva di droni militari. Le iniziative restano isolate, spesso relegate a prototipi o progetti sperimentali.
The Documento Programmatico Pluriennale della Difesa accenna a stanziamenti per droni e UAS, ma manca una visione strategica integrata. Non esiste – ad oggi – un piano per sviluppare una filiera industriale del drone bellico, con obiettivi quantitativi, ruoli chiari e un coordinamento tra imprese, università e forze armate. Mentre Francia, Germania e Stati Uniti adottano modelli modulari, scalabili e adattivi, l’Italia rimane legata a processi industriali lenti e centralizzati.
Eppure, la lezione che arriva dall’Ucraina è chiara: la guerra si combatte con l’agilità e con l’intelligenza distribuita, non solo con la potenza di fuoco.
Il successo ucraino dimostra che l’efficacia non risiede solo nella piattaforma fisica, ma nella sua capacità di adattarsi. Il feedback in tempo reale dalle trincee consente aggiornamenti continui. “Ogni giorno riceviamo dati da chi è in trincea. Così possiamo evolvere più in fretta del nemico”, spiegano gli ingegneri ucraini Andriy Chulyk e Andriy Zvirko.
Questo principio, che ribalta il paradigma dell’approvvigionamento militare occidentale, è alla base delle riflessioni del generale Allvin: “Non tutto deve essere sofisticato. Basta che generi un effetto.” Lo stesso vale per il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito USA, Gen. Randy George, che ha criticato duramente la lentezza del procurement: “La tecnologia evolve in tasca, non nei corridoi del Pentagono.”
Il drone da 100.000 euro non è sempre più utile di cento droni da 1.000 euro. Lo hanno capito Ucraina, Francia, Germania. L’Italia dovrà scegliere se restare ancorata ai modelli legacy o abbracciare una rivoluzione industriale e dottrinale. Per farlo, servono:
La guerra dei droni è già realtà. Renault lo ha capito, Parigi si sta muovendo, Berlino accelera. L’Italia ha le capacità industriali, ma deve decidere se metterle al servizio di una nuova strategia militare. Senza un’azione concreta e coordinata, il rischio è rimanere spettatori di una rivoluzione che riscrive ogni giorno le regole del conflitto.
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