Il ricordo del sequestro di Aldo Moro, avvenuto esattamente 46 anni fa, il 16 marzo 1978, rimane ancora oggi un nodo irrisolto nella storia italiana. Le intricate vicende che circondano questo evento continuano a suscitare interrogativi e riflessioni. Tra le molte rivelazioni e i dettagli poco conosciuti, emerge un episodio cruciale: il momento in cui gli incursori della Marina Militare si avvicinarono al presunto covo dei rapitori.
In una notte carica di tensione, si diffuse la notizia che potesse essere stato individuato il luogo in cui Aldo Moro era tenuto prigioniero, l'allora presidente della Democrazia Cristiana rapito dalle Brigate Rosse in via Mario Fani, a Roma. È emerso anche un raro gesto di eroismo: un medico del COMSUBIN, il reparto incursori della Marina, si offrì volontario per proteggere Moro con il proprio corpo, se necessario.
Le rivelazioni su questa operazione arrivarono il 10 giugno 1991, grazie alle parole del presidente Francesco Cossiga. Quest'ultimo, durante il cinquantenario degli assalti compiuti dagli incursori subacquei contro la marina britannica durante la Seconda guerra mondiale, svelò l'esistenza dell'Operazione Smeraldo. Si trattava dell'attivazione delle forze speciali del COMSUBIN per liberare Moro, sulla base di un'informazione che indicava il luogo del suo rapimento.
I documenti depositati presso la Camera dei Deputati (clicca qui, pagina 19) confermano che il 21 marzo, 5 giorni dopo il rapimento, si tenne un'operazione interforze tra Cerenova, Sasso e Furbara, sul litorale romano. Carabinieri Paracadutisti ed agenti della questura di Roma, supportati da elicotteri, cercarono di verificare l'attendibilità delle informazioni provenienti da fonti confidenziali. L'esito fu negativo e l'intervento del COMSUBIN, il reparto più attrezzato di cui disponeva l’Italia per la liberazione di ostaggi, non venne menzionato da Cossiga fino a tredici anni dopo. Tuttavia i dubbi, come vederemo in seguito, sono molti.
Il COMBSUBIN era stato messo in allerta fin dall'inizio del sequestro, pronti ad intervenire in diverse zone, come ricorderà nell'audizione dell'11 Aprile 2014 (clicca qui, pagina 4) l’ammiraglio in congedo Oreste Tombolini (all’epoca giovanissimo ufficiale) "...venivamo portati in diverse zone, un bosco, un casolare ma non sapevamo dove fossimo davvero e se fosse un’esercitazione oppure una vera operazione". "Arrivava l’ordine, prendevamo le armi e partivamo dal Varignano - spiegherà agli inquirenti - Sarà capitato almeno sette-otto volte di salire a bordo, anche in piena notte". Nonostante la vicinanza al covo presunto dei rapitori, l'operazione non ebbe seguito ed il blitz venne annullato. Quando il presidente della seconda commissione Moro, Giuseppe Fioroni, gli chiese di chiarire se quella del 21 marzo gli sembrasse un reale intervento antiterrorismo, lui sorvolò sui dettagli. Eppure Cossiga ringraziò il COMSUBIN con un’enigmatica frase: "Non fummo fortunati ma la nostra sfortuna nulla toglie a quella che è la vostra generosità e la vostra preparazione".
Le indagini successive all'assassinio di Moro rivelarono tracce di sabbia compatibili con quelle del litorale tra Ladispoli, Palo Laziale e Fregene, sugli indumenti e sulla vettura utilizzata per trasportare il cadavere. Chi e perchè chiese di annullare quindi l'operazione del COMSUBIN del 21 marzo 1978?
Il sequestro di Aldo Moro rimane un capitolo oscuro della storia italiana, segnato da misteri irrisolti e interrogativi senza risposta. Le vicende legate agli incursori della Marina Militare, pronti ad irrompere nel covo dei rapitori, sono solo una parte di un quadro complesso che continua a suscitare interesse e dibattito dopo 46 anni.