L’Europa punta sull’acciaio verde per la difesa del futuro - brigatafolgore.net
Per generazioni, le acciaierie della Ruhr, della Slesia e della Lorena hanno rappresentato il cuore pulsante dell’industria pesante europea. Quelle ciminiere, oggi in gran parte trasformate o dismesse, sono state per decenni simbolo della potenza economica e industriale del continente. Ma oggi, in un mondo scosso da crisi geopolitiche, transizione energetica e nuove sfide tecnologiche, l’Unione Europea torna a guardare con decisione al settore dei metalli, rilanciandolo con una visione strategica: produrre acciaio in modo sostenibile, riducendo le emissioni e rafforzando al tempo stesso la propria autonomia strategica.
Il 19 marzo 2025 la Commissione Europea ha presentato lo European Steel and Metals Action Plan, il piano più ambizioso mai varato finora a sostegno dell’industria metallurgica continentale. Un comparto chiave che oggi si trova sotto pressione a causa di fattori interni ed esterni: sovrapproduzione cinese, dazi americani, costi energetici esorbitanti, e la necessità urgente di adeguarsi agli obiettivi climatici.
L’obiettivo del piano è duplice: da un lato, rafforzare la capacità produttiva interna per proteggere il mercato europeo da pratiche sleali e da eccessive dipendenze; dall’altro, sostenere la transizione ecologica del settore, trasformandolo in uno dei motori della neutralità climatica entro il 2050.
Una delle novità più significative del piano è il riconoscimento esplicito del ruolo strategico dell’acciaio per la sicurezza e la difesa. In un’Europa sempre più consapevole della propria vulnerabilità militare e della necessità di rafforzare l’autonomia nel settore della difesa, la produzione interna di metalli viene ora considerata un pilastro della prontezza operativa del continente.
Secondo Bruxelles, nei prossimi cinque anni l’Unione dovrà investire fino a 1.000 miliardi di euro in spese militari. È proprio all’interno di questa cornice che si inserisce il rilancio dell’industria siderurgica, vista non più solo come comparto produttivo, ma come asset strategico in grado di fornire materiali essenziali per armamenti, mezzi blindati, navi, aerei e infrastrutture militari.
Attualmente l’UE è in grado di soddisfare circa il 90% del proprio fabbisogno di acciaio, ma la situazione si complica se si considerano altri metalli strategici: solo il 46% dell’alluminio e il 25% del nichel necessari vengono prodotti internamente. E i numeri diventano ancora più rilevanti se si analizza l’impiego di questi materiali: un carro armato moderno può richiedere fino a 60 tonnellate di acciaio, un sistema di artiglieria semovente arriva a 100 tonnellate, mentre un jet da combattimento necessita di almeno 3 tonnellate di alluminio.
Il problema è che la competitività dell’industria europea è minacciata da costi energetici elevatissimi: i produttori europei pagano fino a cinque volte il prezzo del gas rispetto ai concorrenti statunitensi, e quattro volte il costo dell’energia elettrica. A peggiorare la situazione, un terzo dell’acciaio utilizzato oggi in Europa arriva da importazioni asiatiche, che sono triplicate negli ultimi dieci anni.
Il piano della Commissione si basa su sei pilastri principali:
Tra le misure più concrete spicca la creazione di una Banca europea per la decarbonizzazione industriale, con una dotazione prevista di 100 miliardi di euro, e una prima asta pubblica da 1 miliardo nel 2025 per incentivare l’utilizzo di tecnologie a basse emissioni come i forni elettrici e l’impiego di idrogeno verde.
La transizione verso un’industria siderurgica “verde” è tecnicamente possibile: sostituendo il carbone con l’idrogeno nei processi produttivi, le emissioni di CO₂ si possono ridurre fino al 95%, con vapore acqueo come unico sottoprodotto. Tuttavia, questa trasformazione richiede enormi quantità di energia elettrica, e se i costi rimangono così elevati, la competitività globale dell’Europa rischia di subire un duro colpo.
La crisi del gas del 2022 ha lasciato un segno profondo: la dipendenza dalle importazioni energetiche è ora vista come una vulnerabilità strategica. Per questo l’Unione Europea punta a diversificare le fonti: rinnovabili, nucleare (dove accettato), e investimenti nelle reti elettriche. Paesi come la Polonia, ad esempio, hanno già avviato i progetti per costruire nuove centrali nucleari, con l’obiettivo di fornire energia stabile e pulita anche all’industria metallurgica.
Questa nuova energia potrà alimentare gli impianti siderurgici del futuro o essere utilizzata per produrre idrogeno verde, chiave per decarbonizzare l’intero comparto.
In un mondo dove la difesa è tornata al centro dell’agenda e la sostenibilità è una necessità globale, l’acciaio si riafferma come bene strategico per l’Unione Europea. Il rilancio dell’industria dei metalli non è solo una questione economica o climatica: è una scelta politica, che punta a garantire resilienza industriale, autonomia strategica e sicurezza collettiva.
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